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CRISTINÓPOLIS MT

CRISTINÓPOLIS MT

31
Jul18

Buona Sera

EU MESMO Quero Ler

buona volontá

E 'finita l'ora in cui guardavamo di notte attraverso i campi dall'altra parte del fiume Rosso che bruciavano di fuoco; era la civiltà Cristianopolitana che apparve nelle foreste di questo immenso Brasile negli anni '60. Più precisamente nell'anno 1963 arriva la prima spedizione con la bandiera Joaquim Oveiro per chiarire e colonizzare la gleba Buona Volontà del signor Flávio.Il signor Euclides Zeferino da Silva, noto come Seo Nêgo da máquina, acquistò una zona di quaranta alqueires di terra nel flusso della Gioia, ma decise di non venire nella boscaglia così lo mise in vendita e mio padre lo comprò dieci alqueires, il Nextor Figueiredo anche comprò dieci alqueires il Vital dos Santos comprò anche dieci alqueires. Era il 4 agosto 1966, tra le dieci e le undici del mattino, Leopoldo fermò il camion, un Mercedes Bens LP 321 dalla cabina beige e il corpo bianco e disse a mio padre: dove stiamo per scaricare la mudanza? siamo arrivati. Bene, la nostra storia privata per il momento rimane qui, il soggetto della narrazione è Cristinopolis, o, Cristianopolis come vuoi che parli. A quel tempo il nucleo della città era già delimitato e formato, aveva già aperto le strade, c'erano già i primi abitanti, c'erano già alcuni bolichi, il Raulino era in un angolo e Gileno nell'altro davanti. Jorge era il primo macellaio, Joel non aveva un armadietto ben assemblato, ma se doveva realizzare alcuni piccoli mobili o manufatti in legno che avrebbe fornito questi servizi, Ze Dutra era il meccanico della città e nei bei tempi dell'estate, Veniva ogni giorno portando persone da São Paulo, Minas Gerais e anche dallo Spirito Santo e grande era l'euforia di coloro che erano stati lì più a lungo. Come un grande insediamento che si espande in tutti i suoi contorni;Cristianopolis aveva, si può dire, nove regioni distinte al di là della zona urbana che erano: 1) il flusso di Guava dove erano concentrati i Capixaba o, come dicevano alcuni, i minatori di Mantena; persone di grande prestigio, uomini famosi. 2ª) The Great Stream (corgon) dove vivevano i fratelli Abram. 3ª) Il flusso di gioia in cui la famiglia Morais era concentrata e c'era anche il nostro sito. 4) Il torrente del nascosto nei confini della benevolenza gleba, questo era uno dei luoghi più lontani del villaggio. 5ª) La fattoria di Pedrão nel torrente Seco, c'era anche la fattoria di João Mineiro. 6ª) La strada di Angelim dove viveva anche il signor Manuel Bispo e la famiglia. 7ª) La regione del fiume Rosso dove erano le terre di Melquiades. 8ª) Il flusso del Jacutinga già nei confini della gleba sul lato del sorgere. 9ª) E la regione più grande e più popolata era il torrente Tucanguira, in questo torrente Tucanguira ha una cascata che in certi momenti emette un suono acuto che è dovuto alle leghe di distanza. Lì, in quella parte del Tucuruira che era già un gigante per sua stessa natura, il Sig. Marinho fondò una città nel 1969 per nome di São Jorge, come se fosse un'estensione della metropoli Cristinópolis. In mezzo a questa folla di avventurieri che sono entrati nel retro del Mato Grosso alla ricerca dell'ELDORADO sono arrivati anche alcuni più ricchi che hanno portato alcune risorse come camion, macchine da sbiancamento di riso, carretta ecc.

Pedrão portò un camion e aveva un magazzino, Angelim portò un camion, Justino che era conosciuto come Nêgo Amâncio portò un camion e una macchina per il riso, poco dopo che João Mineiro comprò una jeep, l'ingegnere Amaro comprò anche una vecchia jeep per lavorare sulla topografia e fare un po 'di merci. Nel caso della jeep, sono state scritte le seguenti parole: "Capota véia è tua avó". Gli intellettuali Zezé Oliveira e Alcides, il (Alcidinho) furono i primi professori del bosco di Cristianopolis. Ia Dª. Aurelina e la Dª Augusta erano quelli che frequentavano le madri al momento del parto. Nell'estate del '67, furono fatti alcuni sforzi per riparare la strada che dava accesso alla città Panorama. Otávio, il primogenito di Joaquim Oveiro, come principe ereditario non ha funzionato, era solo bravo in cima al camion, una volta o l'altra avrebbe cantato questa melodia: manhêêêh, O Tonico me bateu, roubou meu saco de pipoca o pirulito e o picolé! È stato lui a prendere le foto del nostro cambiamento quando siamo arrivati.Con la strada in buone condizioni, i marreteiros arrivarono con la merce per vendere o scambiare il riso con la corteccia. Tra loro c'erano l'Urania Chazinho che aveva un chévi del gabinetto viola, Toninho Munhoz de Jales, aveva una Mercedes 1111,Isaías Loura de Amorim de Votuporanga, questo è stato chi ha messo il primo grande magazzino a Cristianopolis, CASA NOVA, il cui gerente era Mário, nel giorno dell'inaugurazione ha venduto R $ 1.000.000,00 (un milione di cruzeiros). Qualche anno dopo siamo entrati negli anni settanta e sono arrivati i temuti anni settanta; ancora negli anni sessanta gli anziani dicevano così: quelli che superano i settanta avranno molto da dire e a Cristinópolis arrivò il progresso in tutte le sue dimensioni.Il centro finanziario di Cristianopolis era già formato, nel viale Tavares e le adiacenze esistevano già negozi di vestiti, il signor Albino fu colui che portò il primo negozio di vestiti per Cristinópolis, panetterie, bazar, ho comprato un annuario del pensiero 69 nel bazar BOA FORTUNA di Manuel Pernambuco, le gelaterie e i negozi di vestiti aumentarono, per comprare vestiti non più necessari per andare a Cáceres, nell'anno 68 Chico Mota era a Cáceres più sua moglie, la signora Doralice e comprò 600.000 R $ , 00 sui vestiti. Narciso portò i primi tavoli da biliardo, Marcelino aveva anche un piccolo macellaio all'angolo di Avenida Tavares con Avenida Brasil, le macchine per il riso erano sette. L'autostrada è arrivata nell'anno 1970, nel mese di ottobre mi ricordo molto bene. Juvenal aveva conosciuto mio padre sin dai tempi di Tanabi, aveva portato una farmacia ben consolidata, aveva persino letto per alcuni casi più gravi e il Zé dentista era già lì, rendendo i suoi servizi alla popolazione.Per coloro che si guadagnavano da vivere con il giornale, c'era già un sacco di gente che cercava di lavorare alla costruzione, e il tempo della poalha stava arrivando alle spalle, chi aveva fatto il cibo con l'olio di cocco babassu ne aveva in abbondanza.Cristianopolis era il rifugio di grandi personaggi popolari, che non ricorda l'astrologo, medium e poliglotta Mané da Lua? mentre i russi e gli americani hanno combattuto la corsa allo spazio ha affascinato tutti raccontando le sue riuscite missioni sulla luna, -se lui era sulla luna! C'erano anche grandi stelle della musica popolare come: Jangada e Remador, Tom e Taguari, Joaozinho e Zezinho, oltre a Railto e Rialto che apparivano nelle sale e nei parchi di divertimento.Nello stile del nord-est c'era il Pau-de-arara che cantava il suo baião con la chitarra e faceva anche magie come se fosse un illusionista professionista. I buoni fisarmonicisti erano Gumercindo e Joao suo fratello, Jessiel, Dominguinho e Jerônimo. Pedro Nicolau è stato un buon giocatore e anche parlando del Pau-de-arara ha anche interpretato un cavaquinho molto bene. Edgar avrebbe installato lì il suo parco di divertimenti, che in realtà era il più grande palcoscenico di spettacoli artistici di Cristianopolis. Roberto ha provato un movimento giovanile per incoraggiare la gioventù di Cristianopolis in cui ha presentato alcune canzoni e anche qualche attività sportiva, ascoltare questo ritornello: (mocidadeeh, il tuo nome è valorh). Ma Cristianopolis non solo viveva su palcoscenici e fanfare, c'erano anche buoni scienziati, i fratelli Arruda (Pedro ed Eli) vennero ad allestire una stazione radio (pirata) della radio nazionale di Cristianopoli che tra l'altro era sintonizzata nel Salto do Céu. Aparecido Scott era un agronomo e in seguito acquistò e restaurò la macchina per il riso della famiglia Négo Amâncio (rimpiangiamo la morte prematura di Nângo Amâncio che fu colpito da una ferita a una gamba e non ebbe cura) Eldo studiò e si laureò dall'Istituto Universal Brasileiro, nessuno è rimasto senza (una bara di api) per fare rumore a casa.

Ed è così che l'euforia di un popolo coraggioso, che ha scavalcato eroicamente le barriere dell'entroterra, ha superato le difficoltà e superato le crisi delle più diverse nella speranza di un domani migliore. Una civiltà piena di vigore che in seguito attraversò il fiume Rosso e fondò un'altra città: la Nuova Lucélia, la cui fondatrice era la signora Aurelina. E proseguirono verso nord e raggiungero il fiume Sepotuba.Cristinópolis raggiunse il suo apogeo nella prima metà degli anni settanta del ventesimo secolo; le due chiese evangeliche e la chiesa cattolica emersero, i Capixabas subentrarono e costruirono la centrale idroelettrica nel fiume Grande. In quel momento anche il gruppo scolastico era attivo e funzionante.Alfredo Parvinha fabbricò delle piantine di caffè e Tatito aprì un armadietto ben attrezzato e aveva una C14. Alcuni agricoltori avevano già trattori e alcuni avevano raccoglitori di riso per servire nelle colture. Joaquim Oveiro è diventato consigliere comunale per Cristianopolis.C'erano anche grandi maestri del lavoro, il signor José Filipe, il signor Manuel Salmeirão, il signor Orlando Esperandio e il più noto di loro, il signor Nito, che si stava muovendo nella sua motonetta Honda a 50 cilindri. Per quanto riguarda le usanze di quel tempo poiché non c'era alcuna possibilità di svago, i bambini giocavano nelle notti al chiaro di luna. Il signor Lazinho aveva tre piccole figlie che cantavano questa modinha: ecco che arriva la pioggia, tutta bagnata, vieni qui, mia buona, tutta bagnata, dammi il tuo cappello, tutto bagnato, uno ha preso il verso e l'altro ha cantato il ritornello.Nei fine settimana, tutti si riunivano lì a casa di Pedrão dove volevano andare alla chiesa cattolica, iniziarono la festa con l'asta, e poi seguirono alcune ore di danze in balli con la fisarmonica e la chitarra. All'inizio dell'anno 1967 i capixabas fecero una presentazione del (bumba-meu-boi).Ma come ogni nazione ha tra le sue glorie un momento triste Cristianopolis non era diverso, arrivò la notizia della morte del suo fondatore Joaquim Oveiro. La fine dell'era di Joaquim Oveiro segnò l'inizio del declino di Cristianopoli, le famiglie più povere stavano sfuggendo sottilmente alla ricerca di luoghi che offrissero migliori opportunità.I piccoli proprietari vendevano la loro terra e anche loro si trasferivano. Alcuni cercarono nuovi sertões, altri ritornarono a São Paulo o andarono in altri stati. E così, a poco a poco, come in una infinita diaspora, quelle persone che una volta erano felici e ospitaliero vanno un dopo l'altro lasciando nuda e desolata la solitaria Cristianopolis.Chiunque passi per caso o senza direzione a vagare, certamente spostato, mormora, sentendo le pene dell'ingratitudine. Ma Cristianopolis ha ancora alcuni resti lì, alcuni dei quali sono rimasti nella speranza che un giorno vedranno ancora i loro sogni diventare realtà. Può darsi che un giorno sorga un nuovo periodo in cui le persone cercheranno in Cristianopolis il conforto che desiderano.

16
Fev18

Lembranças

EU MESMO Quero Ler

Esta perua rural circulou nas ruas de Cristinópolis bem no apogeu da civilização Cristianopolitana.

LEMBRANÇAS 5.jpg

Pegue uma carona aí e vamos visitar mais pontos turísticos que nos remete ao passado glorioso de Cristinópolis

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LEMBRANÇAS 2.jpg

Esta é a igreja católica, ela foi construída ainda nos anos 1960.

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RUINA 1.jpg

Quem primeiro tocou bolicho nesta esquina foi o Gileno que vendia pinga, fósforos, balinha-doce e um saboroso doce caseiro,depois vieram outros.

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RUINA 2.jpg

Igreja assembléia de Deus, aqui ela já está na sua segunda localização,antes era lá embaixo mais próximo da Avenida Tavares.

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Avenida Tavares num dia qualquer, no centro financeiro da cidade.

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LEMBRANÇA 11.jpg

O grupo escolar da cidade.

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VENDA DO GUMERCINDO.jpg

A lendária e saudosa venda do Gumercindo.

12
Fev18

12ª Narrativa

EU MESMO Quero Ler

O Zé Marmelo.png

Zé Marmelo

Aqui também recordamos mais quatro famílias pioneiras que estiveram la desde o princípio que são elas: Otaviano,Alcides,Gelson e Osvaldinho.As poesias não são bonitas palavras em perfeita métrica mas reflete a realidade desta biótica indomável onde cada integrante cumpre sua parte. O homem da roça que vive da agricultura de subsistência às vezes de terra arrendada ou num seu pequeno sítio que cria galinha e tem também uns porquinhos para ajudar no orçamento. Também pode ter la alguma vaquinha leiteira, um engenho de cana para fazer suas rapaduras, possui um carrinho de roda dura ou de pneus. Que tem seus animais cavalares e faz de seu mandiocal suas boas e alegres farinhadas. Ou que seja um pouco mais pobre ou que tenha até mais recurso este é o homem sertanejo que representa a cultura brasileira. Por ser gente da roça ele não tem e talvez nem necessite uma boa escolaridade. Sabendo as quatro operações básicas ele já tem conhecimento suficiente para sobreviver e fazer os seus negócios. É plantar e colher, criar os filhos e passar as tradições para as gerações futuras. Mas nem imagina que sorte o destino traiçoeiro lhe prepara. As gerações do século XX são filhos de uma cultura transacional cujos pais serviram os barões do café. Foram criados nas colônias das grandes fazendas num regime de semi-escravidão juntamente com aqueles que haviam se libertado da escravidão há pouco. Com a vinda dos europeus e a imigração japonesa foi surgindo à modalidade das pequenas propriedades rurais e muita gente chegou a formar sítios, chácaras e fazendas. E adentrando o sertão paulista assim como em outros estados, as famílias foram conquistando cada um seu lugar ao sol. Também tinha la os que moravam nas vilas e trabalhavam como mascates na zona rural os famosos “oveiros” que vendiam suas mercadorias e compravam galinhas, ovos e outros produtos da roça, já que neste tempo a população da zona rural era maior do que a da cidade. Quando as propriedades já estavam desbravadas e formadas muitas famílias saíam Brasil a fora em busca de novos sertões. Foi assim que Belizário de Almeida formou uma cidade no estado de São Paulo (Santa Albertina) e outra no estado de Mato Grosso (Nova Olímpia). Criado na roça, portador dos modos e costumes do sertão o Zé Marmelo não exibe pompa nem luxo de espécie alguma. Montando um cavalo bom e arreado, amestrado para todos os seus serviços. Sem ostentar reluzentes argolas, com pelego simples e esporas de latão ele albarda seu pantaneiro e sai alegre a cumprir sua missão. De chapéu de palha, chinelo de dedo e vestindo uma camisa amarela de viscose ele deixa se confundir com os bons vaqueiros a bagualhar no pantanal mato-grossense: são as memórias de quem chora os bons tempos la da roça! Hoje na cidade grande tudo tem que ser diferente; até uma espiga de milho verde, uma melancia ou um cacho de banana tem que ser comprado a dinheiro. E mais complicado ainda para quem não tem formação acadêmica nem foi contemplado com um bom concurso publico. E trabalhando na construção civil não são todos que tem a sorte de fazer muitos anos de casa. O Zé Marmelo também é um desses que não conseguiu recursos para construir uma boa morada e teve que fazer um ranchinho na beira do brejo, com uma picadinha no mato para manter o terreiro limpo. Longe do centro e com pouca vizinhança, mas com a satisfação de não ter que pagar aluguel. Esse é o personagem que inspira o homem das nossas gerações. Bom empregado que era quando ainda muito jovem cheio de vigor Zé Marmelo não dava o que falar, trabalhava dia e noite para ajudar o patrão e, assim manter o bom nome. Trabalhava na roça de sol a sol e ainda ajudava o patrão nalgum serviço de mantenimento do sítio tais como: consertar uma cerca do pasto ou do chiqueiro. Apartar os bezerros e ainda levantava de madrugada para tirar o leite pro patrão se preciso fosse. Lá uma vez no mês se o patrão o pedia ele dava uma volta ao redor da propriedade para averiguar as cercas de arame farpado nas divisas do sítio. Quando precisava ele também ajudava fazer os aceres na prevenção de incêndios. Também quase sempre ele acompanhava as crianças no caminho da escola na ida e na volta, as dele e as do patrão. Se alguém no sítio ou na vizinhança precisasse tomar algum medicamento era ele quem aplicava as injeções. As vantagens que ele tinha era que o leitinho das crianças era garantido e se ele precisasse de algum dinheiro o patrão fornecia para receber nos acertos anuais. As terras eram arrendadas para lavoura branca, os cafezais eram á meia e, quem tinha um pequeno sítio arrendava terra para completar o tanto de lavoura que poderia tocar. Os tratores eram de tamanho pequeno demais para desbravar as terras. Muita gente ganhava por dia nas grandes fazendas arrancando toco de enxadão e machado ou picareta. E muitas fazendas ainda mantinham colônias com muitas casas para acomodar os trabalhadores mais desfavorecidos. Se tudo continuasse assim a roça seria um verdadeiro paraíso principalmente para quem não tem previsão e planejamento. E nem precisava ter um bom nível escolar. Mas não tardou em surgir os visionários com projetos formidáveis de mecanização das terras. Por outro lado o governo também foi criando leis de amparo aos trabalhadores e, acurralados os grandes proprietários, “para não dizer latifundiários” foram trocando a mão-de-obra braçal pelos maquinários e os que não aprenderam os novos ofícios tiveram que se debandarem para as cidades grandes. Quem não sabia cortar cabelo ou que não era motorista tinha que vender picolé na rua ou trabalhar de servente de pedreiro nas construções. Muitos até aprenderam a trabalhar de pedreiro ou armador, ou até mesmo de carpinteiro como é o caso do nosso amigo que ilustra este livro, o Zé Marmelo. Passados trinta ou quarenta anos da nova vida num mundo em que ele não foi criado, tendo já os filhos todos crescidos e cada um seguindo seu destino. Agora o patriarca que veio do sertão acha-se só em casa com a esposa e algum neto que adotou. As crises se intercalam com as poucas fases de bons tempos e a casa que o homem da roça começou a construir há anos continua na espera de um bom e almejado acabamento. As gerações que nasceram depois do êxodo rural por estar mais adaptada aos novos tempos têm mais oportunidades, até porque já aproveitaram mais as escolas e até mesmo se formaram nalgum curso profissionalizante. Esses já possuem até um carrinho popular e às vezes uma casinha de COHAB e/ou uma motinha de 150 cilindradas. Muitos deles também migraram se para a Europa ou América do norte, ou ainda o Japão na esperança de ajuntar uma boa soma de dinheiro para construir uma base social mais justa, mas não são todos que tem este privilégio. Alem do mais o estrangeiro é um destino que requer muita cautela, pois la repentinamente surge os atentados terroristas, desastres naturais que causam grandes estragos tais como: terremotos, tsunamis e até quedas de meteoros como o que caiu na Rússia. Ou seja: não é um pé-de-chinelo que vai conseguir tirar bons proveitos numa eventual epopéia num mundo de fantasias. Inspirado nos antigos armazéns de duas ou três portas com tuia de mantimentos e balança filizola em cima do balcão o Zé abre uma mercearia no seu bairro para vender secos & molhados, cereais e legumes. La no interior os agricultores compravam açúcar em sacos de sessenta quilos, latas de querosene de vinte litros, fardos de macarrão, sacos de sal com trinta quilos por fazer uma compra por ano. Na cidade grande os operários recebem seus salários semanalmente ou mensal o que as compras também são feitas em menores quantidades. Apesar disso surgiram os grandes supermercados no sistema peg-pag com promoções e ofertas de cair o queixo. O que um comerciante de pequeno porte não se atreve a fazer assim. Resultado: os bolichos caíram de moda e as feiras de bairro enfraqueceram muito. Também uma franquia nos grandes centros comerciais exige uma boa soma de dinheiro para um sólido capital de giro sendo assim mais uma expectativa frustrada para o nosso homem modelo. Mas a cidade poderia dar boas oportunidades para o homem que veio da roça para quem puder explorar os concursos públicos ou ainda tentar a sorte num pleito eleitoral não fosse o fato do Zé Marmelo ser também analfabeto. A venda de produtos de porta em porta ou mesmo vender salgados na praça também não é para todos que da um bom resultado. Alcançando a idade mais madura fica mais difícil arrumar um emprego e, não tendo contribuído com a previdência bastante o suficiente até uma aposentadoria mais cedo é quase impossível. O homem da camisa amarela se vê num mar de dificuldades para resolver seus problemas. Este é o fadário daqueles que vieram do êxodo rural e não encontrou ainda em seus refúgios o amparo que buscam sem levar em conta o tempo que já passou. Com as notícias que se ouvem todos os dias no radio e na TV muita gente "para não dizer quase todo mundo" fica entusiasmado com as vantagens anunciadas e muitos decidem ir tentar a sorte la nesses paraísos. Muitos até mesmo clandestinamente correndo todos os riscos de um mais que provável fracasso. A onda que trouxe as massas contingenciais da roça para a cidade grande agora espalha os degredados mais ainda empurrando-os para o exterior. Mas os mesmos canais de informação que anunciam o progresso das nações industrializadas falam também dos malfadados aventureiros que peregrinam la nas terras do tio Sam sem emprego e sem documentos. Mas o herói sem medalha que inspira esse romance, o lendário Zé Marmelo, já experimentado em tantas frustrações e desacertos sabe esperar um bom momento e não se atreve a tomar uma decisão temerária.

I

Eu conheço um camarada

Que se veste de amarelo

Sua vida é engraçada

Seu nome é Zé marmelo

Que trocou o cabo da enxada

Pelo cabo do martelo

II

Foi o usucapião Que tirou ele da roça Quem deu lucro pro patrão Hoje mora numa choça Sem dinheiro e sem quinhão O coitado tá na fossa

III

La pra roça ele não volta Pois não tem financiamento Na política não ingressa Pois não tem conhecimento Vai vender pastel na praça Não ganha nem dez por cento

IV

Certa vez o Zé marmelo Abriu uma mercearia Pra vender de cereais A miudeza e melancia Mas veio o supermercado E roubou-lhe a freguesia

V

No tal de primeiro mundo Que tem tecnologia Não existe miserável A imprensa anuncia Mas não é pé-de-chinelo Que tem essa regalia

VI

Lá o povo é ensinado E preparado pro batente Às vezes sob a neve Às vezes no tempo quente E ainda tem os atentados Quando surgem de repente

VII

Agora surgiu uma moda nova A tal de globalização Começou não se sabe onde Foi talvez la no Japão É mais um indicativo De uma nova escravidão

VIII

Inventaram tanta lei Que é só barbaridade Tem o iso nove mil Controle de qualidade Que exige rendimento E não pode ser de idade

IX

A vida do Zé marmelo Reflete a de muita gente Que uma vez deixando a roça Num passado mais recente Busca na cidade grande Uma vida mais decente

X

Quem tiver pena do Zé Faça uma rogação Aos poderes constituídos Um momento de atenção Que ao menos ajude o Zé A voltar la pro sertão

12
Fev18

11ª Narrativa

EU MESMO Quero Ler

Como é o mundo em que vivemos

Todas as coisas que estão ao nosso redor se apresentam em grupos. Os grupos se desmembram em subgrupos, espécies e imitações. Há também variações das espécies de região para região, e de ocasião para ocasião. Isso nós podemos ver nos animais domésticos e selvagens, nas aves, nos peixes, nas plantas. Alem disso os astros também se arrumam em grupos e subgrupos e grupos de grupos. Uma estrela, uma constelação, uma galáxia, um grupo de galáxias. Cada uma tem seu tamanho e seu brilho. Uma estrela pode ter ou não ter um ou mais satélites naturais, ou vários que são chamados também de luas. Uma galáxia reúne estrelas e constelações alem de outros objetos menos conhecidos. E há também grupos de galáxias e galáxias que orbitam em torno de outras. Os humanos também não fogem as regras. Sempre tem aquela pessoa que é mestre na arte de fazer influência, suas atitudes, suas palavras, seu modo de vida são seguidos por muitos, são estes personagens que mudam o mundo. Aqui vamos recordar mais quatro casas patriarcais que fizeram ou fazem parte da história de Cristinópolis: a casa do Leobino, a casa do Fernando, a casa do Marciano e a casa do Marcelino Câmara. Os seres viventes buscam sua sobrevivência individual, perpetuidade da espécie e domínio social. Assim quando vemos um gato andando por cima dos muros, em cima dos telhados, sabemos que ele possui aí seu território onde ele apanha suas caças, se entrar outro gato nesse território ele põe para correr. Os animais de outras espécies são suas presas, ou, predadores. Um casal de rolinhas escolhe um local para viver juntos e desenvolver sua prole. Os bichinhos, as sementinhas e outros possíveis alimentos que estão ali são para sua sobrevivência. Assim é os outros animais inclusive o homem. Uma cidade seja ela grande ou pequena ela tem lá uma família ou um seleto grupo de pessoas influentes que marcam o destino dessa cidade. Os estados da federação, os países da região, as organizações políticas; enfim as atividades das pessoas, o modo de vida das populações é determinado pelas pessoas mais influentes e que detém mais poder. Isso ocorre nas nações civilizadas e também lá no mato onde habitam as nações primitivistas. As nações primitivistas não têm ciência nem técnica ou as tem na medida do necessário. Para adquirir poder o homem inventa,aperfeiçoa,imita, invade. Governa,impõe,aprende, ensina. Viaja,compra,vende, aluga etc. Quando vemos um produto novo no mercado é porque ele foi inventado ou aperfeiçoado por alguém. Quando alguém desenvolve um negocio que dá certo ele quer impor este negócio no mundo inteiro. Esse produto pode ser um objeto ou uma idéia. Quem nunca ouviu falar de uma determinada rede de lojas espalhada pela cidade ou pelo país, ou pelo mundo até onde se pode chegar? Vendendo produtos embalados ou idéias o bicho homem se organiza em grupos. E a altura que já estamos na historia da humanidade o homem já adquiriu conhecimento suficiente para saber o que mais dá lucro neste mundo. Assim o petróleo, as pedras preciosas, a indústria, a política, a comunicação social, as igrejas, a musica, o cinema, a ciência, o poder de compra individual e coletivo são moedas de troca dos que estão no topo da pirâmide social. É bom lembrar que cada item destes acima citados tem seus múltiplos seguimentos em ritmo acelerado de desenvolvimento dando lucratividade num crescimento exponencial aos que o dominam. O mesmo que vemos nas plantas e nos animais acontece entre nós humanos também. Numa lavoura de milho, por exemplo, a gente olhando por cima vai ver que as plantas de milho não são todas igualadas bem desenvolvidas, mas vamos ver num ponto uma mancha onde as plantas são mais fracas em outros locais tem aquela mancha onde as plantas são mais viçosas. Isso acontece com toda a espécie animal inclusive o homem. É interessante notar que todos os seres viventes e os inanimados que existe na natureza estão ligados entre si numa cadeia socioambiental e nenhum deles foge a essa regra e todos são orientados por uma ordem superior que sujeita todas as coisas. Um conquistador leva consigo uma técnica e um contingente de pessoal a seu serviço a fim de se estabelecer e adquirir fortuna.E a técnica que os lideres de Cristinópolis levaram foi a agricultura de subsistência e os modos e costumes da região de Rio Preto SP, bem como os de Minas Gerais e Espírito Santo. Também o uso de radio naquela época estava em voga, por essa razão os profissionais que atuaram la ganharam se não muito dinheiro,pelo menos o suficiente para sobreviver.Uma nação para se consolidar precisa de um território,uma população que fale uma só língua,uma religião,um partido político,riquezas naturais no solo e na vegetação e um conjunto de técnicas para extrair estas riquezas para ser destinadas ao consumo e exportação.A escassez destas coisas ou a falta total delas leva as famílias a sair em busca de novas oportunidades.

12
Fev18

10ª Narrativa

EU MESMO Quero Ler

O túnel do tempo.O velho China, um arquivo aberto ou uma capsula do tempo?

Não me pergunte se eu sou aposentado conte-me historias disse o China um dia desses aos amigos no serviço. Estávamos armando estacas e ele estava trabalhando com uma torquês que ele comprou na Casa Bulhões. Então surgiu uma conversa de futebol e o papo era sobre a copa do mundo da Suécia, a primeira que o Brasil ganhou. Uns falavam sobre o Pelé outros elogiavam o Garrincha, havia também quem dizia saber muito pouco deste fato. O China logo se interessou pela conversa e foi assim dizendo: eu vivi as emoções desta copa em casa com meus pais. Eu vibrava cada lance emocionado torcendo para que o Brasil fosse campeão ganhando sua primeira copa do mundo. Pouco antes de começar o jogo ia passando um Hércules c 130 fazendo aquele barulhão dos seus quatro motores, eu peguei o meu radinho de pilhas e fui para debaixo de uma mangueira, minha cachorrinha laica foi comigo, pois eu estava comendo um espetinho com um bom vinagrete e ela interessada em algumas migalhas... Nessa narrativa mencionamos as famílias do Carrinho Perigo, do Arnaldo, do Ageu e a do Pedro Marques. Então eu procurei no mostrador do radio uma emissora que estivesse pegando bem e por final nos 1040 da radio tupi de São Paulo eu consegui acompanhar o jogo do começo ao fim. Um dos companheiros interveio e disse: cachorrinha laica que historia é essa, de onde você tirou este nome?! Diz o China- você não conhece a historia da União Soviética, você não sabe qual foi o primeiro ser vivo que foi ao espaço no tempo da corrida espacial? Aí foi só gargalhada e alguém disse: oh China ninguém aqui é tão velho assim que saiba de todas essas coisas. China. Éh, mas eu vi e tenho memória de todas essas coisas. (alguém pergunta) que mais você tem para contar?_China. Eu lembro como se fosse hoje o tempo em que os candangos construíam Brasília, Eu me lembro de viva memória e até parece que estou vendo o Juscelino discursando na inauguração de Brasília naquela quinta-feira ensolarada de 21 de abril de 1960. Discurso este que foi transmitido para os vinte e um estados e os cinco territórios federais que assim era a divisão política do Brasil naquela época. E tem mais! Eu vi o estado da Guanabara ser criado e ser extinto dezessete anos depois. Eu vi Iuri Gagarin naquela quarta-feira doze de abril de 1961 subir ao espaço a bordo da vostok1 e exclamar; a terra é azul! Eu vi o Brasil sagrar-se tricampeão naquele domingo 21 de junho de 1970 no México e trazer a copa Jules Rimet definitivamente para o Brasil, que, aliás, foi roubada. Mesquita- e como foi que você curtiu a copa de setenta pela TV ou você foi ao México? China-bom esta daí eu assisti na TV em preto e branco. Eu vesti uma camisa volta ao mundo que eu tinha e calcei minhas alpargatas roda e saí procurando um bar onde eu pudesse ver o jogo pela televisão. Antes, porém eu acertei o meu relógio de pulso pelo radio para não perder o horário. Deixei minha lambreta num estacionamento na rua do coxim e no mercado municipal foi onde aconteceu a festa. Com direito a guaraná predileto, foi só alegria. Alguém pergunta- e o que você acha do futebol mato-grossense? China- bom! Eu sempre acompanhei a história do futebol mato-grossense mesmo quando eu ainda não morava aqui, mas pelo radio eu assisti a inauguração do primeiro estádio que foi construído em Cuiabá o Dutrinha. Dutrinha; eu achava que era o verdão?!China- o verdão foi construído muitos anos depois, mas o Dutrinha foi o primeiro estádio que comportava os clássicos Dom Bosco x Misto, Dom Bosco x Operário que a gente ouvia no PRH 3 da radio a voz d’oeste lá onde eu morava antes de vir para aqui. Alguém pergunta: só mais uma coisa China; quando foi que você começou trabalhar de armador? China- eu comecei trabalhar de armador foi na ponte Rio - Niterói, mas foi na barragem de Itaipu que eu aperfeiçoei na profissão quando fui contratado para trabalhar nas obras da primeira etapa do lado brasileiro. Isso quando eu vim para a cidade porque eu fui criado na roça. E houve um tempo em que eu trabalhava de bóia fria nas colheitas de algodão e nos serviços de arranca-toco para que os tratores pudessem gradear a terra. Era o inicio da mecanização das terras. Mesquita- e logo que chegou aqui você já engajou na construção civil? China- nos primeiros anos eu trabalhava na seringa durante o verão e no tempo das águas a gente adentrava as matas a procura de poalha, eram as duas opções de ganhar dinheiro até que a construção civil se desenvolveu em Cuiabá. Um dos companheiros pergunta: fala como foi tua vinda para Cuiabá. China-eu recebi um telegrama do meu tio me convidando para vir com ele em seu caminhão F N M que trouxe uma carga para a matoveg uma fábrica de óleo vegetal que tinha na rodovia Cuiabá - Várzea Grande. Um colega- mas essa carga não poderia ter vindo pela embarcação? China-lá no porto ainda existe o cais até hoje que neste tempo estava em plena atividade, mas era mais econômico trazê-la por terra já que a distância era mais curta. Juca- china você é um arquivo aberto ou uma cápsula do tempo? Você dá noticia de tanta coisa.!Veja; das nove moedas que já circulou no Brasil você conhece oito, viu o muro da vergonha ser construído e viu-o ser derrubado trinta anos depois. Você viu a loteria esportiva ser criada em 1970. Você viu o Brasil ganhar as cinco copas do mundo e viu o milésimo gol do Pelé em vinte de novembro de 1969. Você viu a União Soviética lançar o primeiro satélite no espaço e viu o homem ir à lua alguns anos depois. E quando a suíça jogou contra a seleção brasileira em vinte e um de dezembro de 1980 aqui mesmo no verdão você estava aí assistindo tudo. China- basta! Agora você me perguntaria se eu ajudei a construir a universidade federal de mato grosso em meados dos anos setenta? Ou eu teria que te dizer quantas toneladas de aço foram gastas na nova rodoviária de Cuiabá construída ali no bairro da quarta-feira? Você me importunaria tanto para que eu te dissesse com quantos meses o Nono Bec construiu a estrada Cuiabá-Santarem, ou se em 1972 o colonizador Enio Pepino lançava a pedra fundamental de Sinop? Ou se eu andava com os bolsos cheios de fichas telefônicas para estar sempre informado de serviços de armador? Ou ainda você duvidaria se eu te mostrasse as centenas de binóculos com as fotos dos eventos que eu presenciei? Eu teria que te dizer por quantos anos eu fui monitor do projeto minerva ou se eu dei aulas no Mobral?O maranhão pergunta:- e você não vai nos dizer como foi que você assistiu a copa de 1962 da Suécia? China- naquele domingo 17 de junho de 1962 eu estava no sítio do meu avô la no estado de São Paulo. Eu estava ajudando meu pai que estava preparando as terras para o plantio naquele ano, então nós estávamos socando arroz no pilão e minha vovozinha estava caldando o algodão para fiar na roda de fiar algodão que ela tinha do tempo colonial, foi um domingo muito divertido. Com o radio ligado, durante os intervalos dos três gols do Garrincha e o Amarildo só se ouvia o Tum-Tum das mãos de gral e o tilintar das caldas em que a vovó preparava os velos de algodão para o serviço da fiança “fiança” era assim mesmo que se falava, quando o Brasil se sagrou bi-campeão.

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Fev18

9ª Narrativa

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As celebridades

Todo povo tem rei, toda gente tem líderes, todas as sociedades têm famosos e Cristinópolis não foi diferente. Os que tinham alguma coisa de si que se destacava dos demais. Os serviços que prestavam. A utilidade que tinham para a sociedade fazia com que certas pessoas fossem mais conhecidas, e até mesmo queridas de todos. Senão que também pudessem ser detestadas. Todo mundo conhecia e sabia quem era o Sr: Joaquim oveiro, fundador da cidade e corretor das terras. Era ele quem ocupava o lugar de maior autoridade na população. Era ele que encaminhava as pessoas em causas perante as autoridades superiores. E o Otávio respondia em segundo lugar, ou na falta dele dava o parecer. E sendo assim toda a casa era tida por todos como a primeira família de Cristinópolis. Nessa narrativa relembramos essas quatro famílias pioneiras: Augusto de Souza, Joaquim Martins, Orlando Esperandio, Joaquim Melo. Mas lá também tinha artistas, profissionais, comerciantes, artífices, altruístas, desportistas. O futebol de Cristinópolis teve bons jogadores e ótimos e destacados dirigentes, como o Coríntia que dirigia um time, todo mundo sabia quem era ele. O Marão era outro presidente de time, eram eles quem organizava os jogos em Cristinópolis e marcavam jogos com os times das outras cidades. E o Goda do bar esporte era outro cartola do futebol em Cristinópolis. Era lá no bar esporte e no bar do Marão que os assuntos de futebol eram tratados. Era lá nestes dois bares que os troféus eram guardados. O João porquinho foi o melhor jogador de todos os tempos em Cristinópolis. O Lula era cabeleireiro, porque não dizer estilista? Outros barbeiros existiram lá, mas o Lula era o mais destacado, o mais preferido, era o barbeiro da cidade. O Jorge açougueiro era uma das celebridades mais ilustres, todo mundo conhecia o Jorge. Na hora de comprar a boa carne bem tratada, aquela costela para comer com mandioca, a carne de sol que só ele sabia preparar. A picanha para o bom churrasco era no açougue do Jorge que se comprava. O modo de tratar a carne desde o abate da res. A exposição das peças na vitrine, como eram tratados os bons cortes de carne, o atendimento ao cliente. Tinha mais açougueiros na cidade, mas o Jorge era o titular da carne. Dona Aurelina, dona Augusta e dona Dirce eram as mães que vinham ao encontro dos nascituros. Outras parteiras também serviram lá, mas estas três foram mais ilustres. Quase sempre as parteiras são também benzedeiras. Outras emprestam seus nomes aos bebes. O Alcidinho, o Zezé Oliveira, tios ou pais? As crianças começavam aprender o bê-á-bá em aulas com eles. Mater & magistra a professora Elza ensinava as lições aos pequenos, sim aos pequenos, adultos lá não estudavam. A chamada dos alunos. O visto das lições, a pontuação das aulas, a aplicação das notas, o fechamento dos boletins, a felicitação dos aprovados, a recuperação dos especiais era o fruto da dedicação e carinho desses e outros magistrais que lá serviram. O Joel marceneiro com seu pioneirismo na fabricação de moveis sem dúvida era outra celebridade muito comentada na cidade. Os moveis de primeira linha com bom acabamento na fórmica ou no verniz estavam presentes nos lares de Cristinópolis. O Tatito com sua marcenaria bem montada com bancada industrial e uma boa equipe de colaboradores, bons profissionais ou aprendizes supria a demanda mobiliaria da cidade e região. Moveis do estilo barroco ao provençal, passando pelo rococó e o colonial ele sempre tinha na pronta entrega ou por encomenda. Ele também fabricava mesas de bilhares. Em quase todos os lares se via uma peça com a marca TATITO. O Amaro engenheiro que desde o inicio estava presente prestando seus serviços à comunidade era um dos mais ilustres. Como o primeiro delegado da cidade era ele que naquelas horas de angustias e desacertos fazia a paz entra as partes envolvidas. O Cícero (Cilção) era outro dos quatro delegados que deixou sua marca registrada pelos bons serviços prestados á população. O Narciso era dos mais conhecidos entre os comerciantes no ramo de diversão e lazer, seu bar era ponto de encontro nos domingos e feriados. Por Anésio e Djalma eles não eram quase conhecidos, mas Jangada e Remador era a dupla sertaneja que cantava e encantava Cristinópolis. As modas de viola, as rancheiras, as guarânias. Os sucessos de Tião Carreiro e Pardinho. Pedro Bento e Zé da Estrada entre outros, eram as mais pedidas dos fãs. Bons sanfoneiros existiram em Cristinópolis, mas o Gumercindo dividia o título de melhor sanfoneiro com o João seu irmão. O Pau-de-Arara (Raimundo) ganhava a vida no serviço de chapa, mas, nas horas de lazer ele se divertia e divertia a platéia com seus ilusionismos e ainda executava os bons instrumentos de corda no estilo nordestino. O Aragão era conhecido por manter um serviço de alto falante em estúdio montado ao lado da sorveteria. O Dena era talvez a celebridade mirim mais conhecida por animar os anúncios no serviço de alto falante a voz da cidade. O Edgar do parque era o ídolo principalmente da juventude por instalar de vez em quando seu parque de diversões na cidade. Assim a população não ficava sem opção de lazer. O Edgar tropeiro era conhecido por todos que tinham atividade campestre por ser o fornecedor dos animais cavalares e de todo serviço em Cristinópolis e região. Os cavalos de cela, burros já domados e amestrados para o serviço de arado e carroças. Éguas mansas para charretes. A escolha entre pampas e alazões, araçás, pedreses, rosios e baios. Marchadores ou trotões compunham o vasto leque de opções aos interessados. O Zé dentista era o nome de referência em odontologia. O Aparecido Scutt como engenheiro agrônomo também compunha a lista dos notáveis. Pedro e Eli, os irmãos arruda, eram conceituados no ramo da eletrônica. Foram eles que montaram a radio nacional de Cristinópolis. O Eldo também era radiotécnico. O reparo simples, a calibração dos variáveis. A revisão dos circuitos com suas vias bem conservadas. A soldagem dos pinos. Os esquemas chapeados, Rádios a vela ou transistores, os modernos circuitos integrados faziam parte da rotina do profissional. O Mané da lua era outro personagem bem conhecido por ser o único cidadão de Cristinópolis que tinha o privilegio de viajar para a lua de vez em quando, porém, nunca revelou os segredos de suas missões. O Petita também serviu a comunidade como auxiliar de policia por isso todo mundo conhecia ele em pessoa. Outra celebridade era o Baixinho, desde o inicio de Cristinópolis ele já estava la representando a grande família Magosso.O Braz era outra celebridade bem destacada por manter seu armazém bem sortido de tudo que se usava no lar e na roça.As latas de querosene de 18ls,botinas,arados,máquinas de plantar arroz,cordas,correntes de aço,tachos,peneiras, munhos e torrador de café.Outros armazéns existiram la,mas, o armazém do Braz era o ponto de referencia da cidade.O Pedrão era o maior comprador de cereais no atacado e no varejo,quem tivesse para vender alguns quilos de mamona a granel,milho,feijão e até mesmo algum pouco de poalha era ele que comprava.

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Fev18

8ª Narrativa

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Asdrúbal

Quem não conhece Asdrúbal aquela figura popular, mais conhecida do que nota de dez? Mais lembrado ainda porque volta e meia ele está expondo suas descobertas e invenções embora nunca tenha posto em prática nenhuma de suas idéias. Esse tipo de gente existe em todas as sociedades, são pessoas que tem uma personalidade excepcional e se dá bem em todas as situações. E Cristinópolis foi uma civilização a qual também não faltou esse tipo de personalidade. Aqui também recordamos mais quatro casas pioneiras que são elas: Zé Aragão. Diná. Teixeira. Alfredo Parvinha. Entende dos mais intrincados assuntos em todas as esferas da sociedade. Ele conhece de nome todos os chefes de estados da América latina bem como os mais influentes líderes mundiais. Sabe avaliar a capacidade das potências européias e o prestígio de seus dirigentes. Sabe discernir claramente os quatro ramos do cristianismo e sabe quem são e onde estão seus patriarcas. Entende bem as demais religiões, suas vertentes, e conhece a história de seus fundadores. Sabe o número de fieis de cada grupo religioso bem como suas tendências político-partidárias. Conhece bem as personalidades que podem ser contempladas com o prêmio Nobel todos os anos. Em pleitos eleitorais ele é capaz de apontar com pequena margem de erros os prováveis eleitos, e ainda é capaz de avaliar a situação de cada sigla partidária pós-pleito. No campo da literatura ele sabe o nome de muitos poetas e escritores das línguas latinas, elavas germânicas, célticas e turcomanas e ainda tem um bom padrão de conhecimento das culturas orientais. Seu acervo literário é um dos mais bem organizados e comentados na sociedade. Informado do que se passa à sua volta ele é capaz de vociferar os assuntos que serão manchetes nos telejornais à noite. Quanto aos conflitos regionais ele conhece bem suas causas e dá sugestões. Saberia combater o terrorismo e o narcotráfico (se fosse solicitado) da forma mais eficaz e menos dispendiosa. Entende o mundo dos negócios e sabe quanto em dinheiro é negociado todos os dias mundo a fora. Bom de matemática ele é capaz de converter em tempo recorde em reais qualquer soma citada, e faz comparações com o preço do ouro em gramas por 24 quilates. Isento de chavões dá entrevista em linguagem simples e objetiva e não tropeça em neologismo algum. Escreve seus textos no vernáculo e faz questão de caprichar na pronúncia de nomes estrangeiros. Nas palestras deixa a platéia atônita e nem mesmo o mais perspicaz jornalista teria o que lhe perguntar. Conhece a história universal desde a pré-história aos dias de hoje. Sabe quem foram os maiores conquistadores desde Gengis Can aos bandeirantes paulistas. Sabe de cor os presidentes da república desde marechal Deodoro à presidenta Dilma. Sabe os nomes de todos os monarcas bem como dos príncipes herdeiros e os infantes e seus consortes. Sabe localizar no céu as três galáxias vistas a olho nu. Enumera as oitenta e oito constelações e sabe achá-las no céu sem nenhuma dificuldade. Numa nova ilha vulcânica ele sabe como surgem as vegetações e explica até mesmo o aparecimento dos animais e sabe se pode ser habitada ou não. Entende de pressa uma situação nova e toma a atitude correta perante ela. Capta logo uma nova ordem mundial e sabe quem pode gozar de maior prestígio. Numa nova tendência ele aponta com clareza quem será capaz de tirar melhor proveito. Entende as reivindicações das classes e dá o seu parecer. Ele sabe explicar as geopolíticas atuais e enxerga claramente às lacunas da democracia. Sabe por que o comunismo caiu e sabe em que o capitalismo está pendurado. Discerne em oratória as cento e cinco línguas oficiais contemporâneas. Sabe quantas moedas circulam no mundo e cita o nome delas uma por uma. Sabe quantos parlamentares há no mundo. Numa roda de amigos ele é o espetáculo: se alguém contar uma mentira ele acredita para não perder o camarada, responde todas as perguntas que se fizerem, conta as piadas mais ridículas e inéditas, propõe os enigmas mais difíceis, naquelas piadas de pega ele não cai. Mata todas as charadas, decifra quebra-cabeças com a maior facilidade. No jogo de damas ele não perde, também não perde no jogo de braços. Imita passarinhos. Faz mímica. Na vizinhança também ele é destaque: já foi presidente de bairro, visita velórios, e se ficar de sentinela ele não deixa ninguém dormir: é contando casos a noite inteira. Marca encontro e não falha. Usa relógio de bolso. Nas caravanas ele é sempre o primeiro a dar o nome e colabora no lanche. Joga futebol de várzea e não faz preferência; joga em qualquer posição. Faz caminhada, cata latinha e o dinheiro que arrecada ele doa para as entidades filantrópicas. Em geral ele é um espírito consolador: dá balinha para as crianças, carrega consigo algumas moedinhas para dar de esmola para algum mendigo que lhe pedir. Saúda os jovens com aperto de mãos, dá abraços nos anciães, beija as velhinhas, pega as crianças menores nos braços etc. Chama os moços de filhos, os de sua idade ele chama de irmãos, os mais velhos ele chama de tio e as crianças ele chama de neném. Nos mutirões ele executa qualquer tarefa, é bom cozinheiro.Ajuda qualquer um. Não faz extravagância. Não tem vícios, não gasta a toa, não desperdiça nada. Não fala mal de ninguém, não fala palavrões, não faz mal a ninguém, não nega favores. Conserta ventiladores e demais aparelhos domésticos. Entende de informática. É bom motorista. Tece rede de pesca, pilota barcos, nada muito bem. No anzol ele sempre pega mais peixes do que os outros. Formata computadores, conserta celular. Não tem luxo para comida, come e bebe do que tiver na mesa sem reclamar. Opera motosserra. Aplica injeções. Corta cabelo. Escreve com as duas mãos. Coleciona cartões, selos moedas etc. Adestra animais selvagens,doma cavalos, ensina papagaio falar, gaiolas. Entende os cinco calendários em vigência. Já leu a bíblia toda. Ao ver um quadro famoso na parede ele diz quem é o autor e sabe quando foi pintado e faz comentários. Prevê eclipses. Conhece pessoalmente muita gente famosa, ele mesmo é comendador. Tem muitas profissões, faz de tudo um pouco sendo assim um bom exemplo. É um ótimo nutricionista. Sabe fazer sorvetes. Explica como eram as técnicas antigas, sabe as sete maravilhas do mundo antigo. Chama certos alimentos por apelido: arroz e feijão é Tonico e Tinoco, ovo frito é relógio de pulso, carne moída é boi ralado, abóbora é leitoa de rama, frango é boi de bico, carne de porco é trator de esteira. (Também chama os objetos por apelido, ex) relógio ele chama de bobo, bicicleta é magrela, ônibus é barracão de zinco, trem de ferro é Maria fumaça. Bom companheiro em tudo camarada cem por cento: toma chimarrão com os gaúchos,toma tereré com os paraguaios,toma guaraná de ralar com os cuiabanos,não dispensa cafezinho.Não teme perigos e não corre de ameaças. Quando faz frio é o último a usar paletó,quando está calor é o último a tirar a camisa,em dias de chuva ele sai com guarda-chuva e sob o sol quente ele usa óculos escuros e chapéu de palha. Ao dirigir ele não se esquece de usar o cinto de segurança, bom exemplo no trânsito não ultrapassa à direita, não pára fora do acostamento,não cruza a faixa contínua,não omite socorro, também não aposta racha, não dá cavalo de pau e nem empina moto ainda que se considere jovem. Viaja muito conhece o Brasil inteiro. Gosta de tirar fotos, grava eventos também em vídeos, faz anotações em seu diário de bolso, sua agenda está sempre cheia. Conhece o significado dos nomes próprios. Entende todos os sistemas de divisão política que há no mundo de hoje. É um bom churrasqueiro. Conta os mais enfadonhos casos de caçada, e os mais formidáveis casos de pescaria. Quando era moleque vendia doces, amendoim torrado, salgadinhos refresco etc. Era engraxate, jogava bolinha de gude, ainda solta pandorga, caçava de estilingue, armava arapuca, passava susto nos outros.E se ele tiver mais qualidades certamente serão reveladas.

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Fev18

7ª Narrativa

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Loendros à beira do poço

Em qualquer sociedade sempre existe aqueles que se dão bem na vida e alcança o sucesso almejado, mas, tem aqueles que não conseguem realizar seus sonhos de uma vida mais digna. Este episodio encaixa muito bem na história de Cristinópolis.Existiu no arraial dos cabritos uma família numerosa cujo irmão mais velho (Loendros) era coxo das duas pernas. Também não falava nem ouvia. Este tinha quatro irmãos e quatro irmãs que se chamavam Sebastião, Joaquim, Bartolomeu e Benedito. As meninas eram: Conceição, Madalena, Francisca e Benedita, o Benedito e a Benedita eram gêmeos. Aqui também faz lembrar estas quatro famílias pioneiras: a casa do Petita, a casa do Lourenço, a casa do Zé Abrão e a casa do Zé Aurélio. O arraial dos cabritos não ficava muito distante da cidade grande, quem montasse a cavalo com meia hora de caminhada podia alcançar os subúrbios da metrópole. Loendros era portador de todas essas deficiências como vimos que para uns era tido como inválido, mas, quem via cara não via coração, pois Loendros era bem sintonizado com a família toda a ponto de que quando um dos seus familiares ficava doente ele também ficava triste. Quando tudo ia bem a casa ele era alegre, vivia de contínuo batendo palmas de alegria e fazia mímicas e todo gracejo o dia inteiro. Não se importava com roupa e nem calçados, o que vestia nele ele usava sem reclamar. Também não se preocupava com comida; se lhe dessem de comer ele comia e se ninguém se lembrasse dele ele não sentia falta. Numa ocasião a família toda passava por dificuldade financeira. Alguns deles estavam desempregados, tentavam a sorte no comércio, mas só arrumavam dívidas. Cobradores na porta de casa vinham toda hora para receber de duplicata vencida a cheque sem fundo. A depressão tomou conta de todo mundo. Os amigos mais chegados desapareceram, Loendros chorava muito. Loendros não andava, mas podia ir sozinho à qualquer parte pelo terreiro a fora se arrastando como criança que ainda não sabe andar. Por essa razão dona Benta sua mãe como todos demais tinha muito medo de qualquer hora ele cair no poço. Por algumas vezes tiveram que trazê-lo para dentro de casa já tirado da beira do poço. Lá um dia só estava Madalena com ele em casa. Distraída com os afazeres do quotidiano quando deu por fé lá estava ele à beira do poço. Madalena sozinha não dava conta de levá-lo de volta pra dentro de casa, e, olhando para ele via-o acenando em direção ao solo como que estivesse cavando para descobrir alguma coisa. Com picareta e pá nas mãos Madalena põe se a cavar a terra tão somente para agradar o seu irmão. E para seu espanto ali tão pertinho à flor da terra estava uma grande riqueza em pedras preciosas. Eram topázio, berilo, ouro, ametista, jaspe esmeralda e muitos diamantes que vendidos rendeu uma gloriosa fortuna. Loendros agora sorri o dia inteiro.

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Fev18

6ª Narrativa

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O fugitivo

Um simples vira lata provoca uma enorme confusão

Certo dia um cachorrinho vira lata, que atendia pelo nome de biscoito desperta uma grande multidão com seus latidos intermináveis. Piloto, o cachorro do João Lázaro também já havia dado uns dois latidos. Era o cagüete de um episodio sensacional e muito emocionante que estava apenas começando. Nessa narrativa recordamos essas famílias: a família do Oliveira, a família do Manoel Bispo, a família do Melquíades e a família do Pedro Torres bem como os demais integrantes destas famílias que aqui não chegam a ser mencionados nominalmente. Todos com os olhares voltados para o rumo em que o cachorrinho denunciava com seus latidos apreensivos. Quando não, a cabrita leiteira que pascia mais adiante a uns trinta metros próximos a um murundum de cupins, assustada deu um salto para frente e saiu correndo meio ressabiada olhando para trás como quem tivesse visto uma fera. Lá mais longe um pouco se viu uma moita de capim colonião agitando-se como que tivesse dali estourado uma boiada. Alguém gritou: é um lobisomem! Outros replicavam; mas não há lobisomens durante o dia. E o espectro partiu rumo ao desconhecido rasgando a quiçaça. Foi um espetáculo muito divertido, uns de enxada na mão, outros com foice ou facão eu até achei que poderia ser um terrorista qualquer. E a cachorrada avançava unânime rumo ao alvo até então indefinido. Um fato curioso é que até animais e aves, répteis e até insetos manifestavam seu desejo de verem se livres de famigerado monstro. E a perseguição continuou até onde deu, pois, mais além havia um precipício daqueles de inspirar romances e quem ali caía nunca mais voltava. Asdrúbal montado a cavalo acompanhava mais de perto e mais atrás vinha à multidão em tamanho alvoroço. Era gente gritando, cachorro latindo, gado berrando parecia o fim do mundo. Em um dado momento Asdrúbal freou o cavalo olhou para trás e gritou à multidão: parem aí, não é um bicho não! Agora eu vi direito é um homem, parece que ele está doido ele vai pular no abismo. Mas foi aí que a multidão ficou mais curiosa. Em poucos minutos o local estava tomado daquela gente faminta por novidades e o quê os mais ajuizados temiam foi fatal. Dona Díula Diele que não podia correr devido aos seus cento e dez quilos de peso consolava se com os vestígios que ficavam para trás, achou e trazia nas mãos farrapos de uma camisa de listras vermelhas e brancas.

A multidão se desfaz. Os dois cachorros prosseguem na perseguição.

Passado o momento crucial em que o desconhecido homem desaparece em meio às rochas naquele terreno íngreme, momento este em que a multidão vive o ápice de uma aventura como se estivesse simulando uma epopéia ou ensaiando um drama para algum trabalho científico; assim num dado momento em questão de alguns segundos tudo pára como se nada estivesse acontecendo. Nenhum mugido de vacas, nenhum latido de cachorro algum, nenhum pássaro gorjeia, somente se via a poeira baixando. E então no segundo seguinte, depois de respirar fundo e tomar alento todos criam novo ânimo. Alguns deles voltam arrazoando-se entre si como se tivessem sentindo-se realizados. Nessa hora alguém começa contar casos semelhantes vividos anteriormente. A maioria deles volta para casa, atitude esta que não é a de todos e muito menos dos dois cachorros que há essas horas já haviam se embrenhado no mato como quem ainda não tivesse desistido da empreitada. Biscoito dá um latido lá num recanto entre as penhas escarpadas daquele despenhadeiro arredio que só de lembrar a gente já sente tonteira. Isso foi o sinal de alerta para o reinício da perseguição que para uns era compromisso de solidariedade, mas para outros era só um divertimento. Seo João Lázaro, que também era conhecido por Lazinho barbeiro (seo lazim) para os mais íntimos, era um dos persistentes já que piloto, seu admirável mestiço, era companheiro de biscoito nas caçadas. Esse respondia aos latidos de alerta de biscoito apenas com rosnados mais ou menos baixos, mas que dava para ouvi-los acerta distância. Repartidos no cuidado a despeito dos animais que se dispersaram e no que estava para frente a ser conquistado seguimos um pouco adiante e logo achamos uma trilha por onde passaram os dois cachorros. Num determinado lugar em cima de um lajedo paramos um pouco de tempo para dar uma bispada em volta. Foi aí que contemplamos ao mesmo tempo a beleza daquela cordilheira de montanhas azuladas e ao mesmo tempo enfeitadas de flores de ipê de todas as cores, e o verde das ramagens das árvores e arbustos, e as palmeiras agigantadas e o desprezo em que estávamos submetidos naquele lugar deserto. Mas só de pensar que ali naquele exato lugar naquelas mesmas condições e talvez um pouco pior estivesse um ser humano tão desprotegido que nem identidade tinha, pois, ainda não havíamos contemplado o seu rosto nem ao menos visto de perto. Quem olhava para direita via aquele paredão de rochas vulcânicas transmutadas com o tempo. Quem olhava para baixo enxergava lá bem longe o prado reverdejante daquelas fazendas de gado que de tão distante mais parecia um sonho de fantasias. Daí avistamos uma lagoa que se formava no encontro de dois rios que deslizavam ao pé da serra. Fomos despertados por um barulho na água e então vimos biscoito e piloto nadando em direção a uma cabana de folhas de coqueiro construída logo no início do vale. Asdrúbal resgata os animais. É feriado no arraial. Enquanto isso no arraial o alvoroço é grande, o povo continua apreensivo querendo saber o fim daquele episódio, o quê realmente aconteceu com desafortunado homem?E os caçadores como se passam, e onde estão?! À que horas hão de voltar, quem vai trazer a notícia derradeira? É feriado no arraial, mas para Asdrúbal a luta continua. Por ser o mais experiente coube-lhe a tarefa de ajuntar o gado, missão essa que lhe tornou um pouco mais difícil, pois conta somente com a ajuda do cavalo já que os dois cachorros estão ocupados em serviço de maior necessidade. Asdrúbal monta a cavalo e sai rumo às palhadas. É setembro, mês em que se preparam os terrenos para o plantio. As roças estão em parte destocadas, mas boa parte delas ainda está coberta de matos, a macega está bem alta. Ouve-se um berro de cabrito. O rebanho de cabras espalha-se na quiçaça, o cabritinho continua berrando desesperado. Asdrúbal espora o seu cavalo bicharedo. Bicharedo foi domado para os serviços do sítio, por isso tinha facilidades em atender as ordens dadas. Qual o espanto de nossos heróis um lobo ravace havia atacado o rebanho e arrebatara uma cabritinha. Para bicharedo um estalo de chicote era ordem de avançar; bicharedo não temia feras. O lobo não teve alternativa senão a de desistir da empreitada e não foi desta vez que uma nédia cabritinha foi devorada. Um temporal começa levantar-se no horizonte e antes de começar chover o rebanho de cabras já estava todo de volta nas acomodações do sítio, e ao toque do berrante as vacas logo se ajuntaram no curral. Dona Díula Diele comunica-se com os caçadores por celular e as novas são passadas e vice-e-versa. As emoções são vividas lá e cá num tom de solicitude misturada com esperanças de um final feliz. Lá no local onde estávamos até parece que a tormenta chegou primeiro. O vento soprava forte, as taquaras assobiavam, as moitas de capim dobravam-se até ao chão. Relâmpagos e trovões soavam alternadamente num drama interminável. A rocha onde estávamos tinha uma altura como a de um prédio de sessenta andares. Se estava seguro quem estava ali protegidos entre as penhas nosso cuidado era mesmo com aquele desolado fugitivo que estava no mundo da lua sem endereço nem esperança. O duelo com a águia gigante. A volta dos dois cachorros. A chuva passa e as esperanças se renovam e tudo fica mais divertido naquela tarde ensolarada apesar de estarmos numa missão perigosa. Só que ali não poderíamos ficar para sempre, teríamos que tomar uma atitude, alguma coisa tinha que ser feita. E, por falar em fazer algo surgiu mais uma necessidade e tinha que ser feita de pressa; estávamos ameaçados de infortúnio. Uma águia gigante investe furiosa contra nós. Aquela imensa ave de rapina de envergadura incalculável parecia estar mesmo decidida devorar-nos. Só que ela não sabia que estava desafiando um trio de homens valentes. E o duelo começou era mais ou menos quatro horas da tarde. Seo Lazim contra-atacava-a com sua tesoura bem afiada. Se ela fugia das lâminas envenenadas da tesoura levava simultaneamente dois golpes de facão. Quando perdia um de seus membros esse se recompunha imediatamente. Para ganhar tempo ela lançava sobre nós uma espécie de piolhos que produzia uma picada semelhante às de formiga cabeçuda, aquela que os cuiabanos chamam de carregador. O celular toca, mas não temos tempo de atender. Para aliviar as picadas dos insetos a gente tomava um gole de guaraná de ralar que por providência do seo Lazim nós tínhamos uma garrafa dele ali prontinho à nossa disposição. Era sabido que para vencê-la seria necessário decepar os quatro membros e a cabeça de uma só vez, o que era impossíveis para nós três. O sol se põe e a peleja continua interminável em cima daquela penha descalvada sob o clarão amigável da lua cheia. Foi então que Plínio lembrou que trazia em seus bolsos um apito de imitar aves silvestres que biscoito conhecia muito bem. Mas, chamar biscoito era o mesmo que chamar piloto também, pois, os dois cachorros eram amigos inseparáveis. E foi o que veio acontecer. Em menos de dez minutos fomos reforçados com a ajuda dos dois heróis que atacavam veementemente o enfadonho inimigo. Agora o fabuloso animal, digo, ave se vê diante de um quinteto que luta com a certeza de vencer. Só restava-nos saber se os cachorros também sabiam qual seria a nossa única chance de aniquilar aquele famigerado monstro. E assim homens e animais ignorando as picadas dos piolhos persistem na luta até que num dado momento numa perfeita sincronia é decepado seus cinco órgãos e aquele corpanzil cai sem vida sobre a rocha a nossos pés. Entretanto esta vitória não nos deixa de todo despreocupados em vista de que nosso objetivo era mesmo salvar uma pessoa e, além disso, tem o povo lá no arraial ansioso à nossa espera. Depois de festejar um pouco nossos guias piloto e biscoito nos leva de volta à entrada daquele cenário e reconhecendo o caminho em poucos minutos estávamos a salvo em casa com nossos familiares que nos aguardava em vigília até a nossa chegada

. A busca continua no segundo dia com Asdrúbal e os cachorros. A luta com a sucuri. Acha-se o fugitivo. A entrevista com Díula Diele

. No dia seguinte o suspense continua no arraial, ninguém concorda em dar o caso por encerrado. Por ser o mais experiente Asdrúbal é indicado por unanimidade a continuar procurando o infeliz desconhecido. Asdrúbal segue a pé, mas leva consigo os dois parceiros de caçada biscoito e piloto, uma farta matula além de uma pastinha de primeiros socorros e um facão afiado. Desta vez nosso amigo não segue o mesmo caminho por ser de difícil acesso além de já estar explorado sem lograr bons resultados. Asdrúbal desce a serra pelas encostas das montanhas margeando sempre que possível uma corrente de água que nasce acerta altura quase no topo da serra. Escorrega aqui, cai ali, levanta acolá por fim chega num vale ao nível do mar. Por ser amante das frutas tropicais Asdrúbal entra até a certa distância no mato a fim de apanhar algumas frutas de marmelo. Mas, se marmelo é uma boa fruta para se comer não era só Asdrúbal que estava ali em busca de cobiçada fruta. Já tinha alguém que chegou ali primeiro e esse alguém era nada mais nada menos do que uma feia cobra sucuri agigantada e faminta. Sem perder tempo ela dá um bote certeiro laçando nosso herói pelos lombos deixando braços e pernas imobilizados. Num instante ela passa sua presa para a ponta do rabo e começa a sôfrega caminhada em direção ao rio. Biscoito entra em ação, mas tudo o que pode fazer é latir sem coragem de chegar muito perto. Valendo-se de alguns troncos de arvores que cruzava pela via crucis Asdrúbal apenas consegue retardar a chegada ao macabro destino. E a cobra conseguiu o seu intento chegando até a margem do rio ignorando as ameaças de biscoito. Nesta hora Asdrúbal já podia dar seus últimos brados em pedido de socorro, mas um sábio não perderia a chance de tirar proveito do silêncio. E então nesse momento chega um mendigo ancião que peregrinava pelos matos à beira do rio. Incomodado com os latidos do cachorro resolveu então vir ver o quê se passava, o quê estava acontecendo. E com a ajuda de uma faquinha de mesa ele libertou o nosso herói. Grato pelo favor recebido Asdrúbal convida o peregrino a passar uma semana no arraial e oferece-lhe assistência. Lá ele se banha faz cabelo e barba, ganha alimentação e algum medicamento enquanto se recupera do susto, pois era ele o miserável que procurávamos. Para entrevistá-lo não poderia haver ninguém melhor do que a jornalista Díula Diele que aqui é identificada pelas iniciais DD. Sentado na cadeira de barbeiro ele responde às perguntas traiçoeiras de Diele. O senhor mora aqui há quanto tempo? O hóspede responde: desde que o povo daqui era totalmente outro. Mas esta resposta não encaixou bem no nosso entendimento, pois o arraial dos cabritos já existia desde os tempos de nossos tataravôs e não mudou quase nada até aos dias de hoje. DD como é o seu nome? O hóspede responde: meu nome é Saud Ad Edum Thainpoc Iace Phoe. (que traduzido quer dizer: saudade de um tempo que já se foi.) DD, mas esse nome parece meio árabe meio asiático?! O hóspede responde: meus ancestrais vieram do oriente. DD o senhor sempre morou no sítio? O hóspede responde: às vezes sim, às vezes não. Cheguei a ser comerciante de secos e molhados, mas depois parei porque não deu mais, o mundo se transforma muito de pressa. DD e como eram as coisas por aqui antigamente? O hóspede responde: tinha muita gente nativa, tinha muita caça também. Alguns povos tocavam lavouras, criavam gado, construíam cidades, outros viviam de caça e pesca. Até que um dia chegaram treze barcos maiores do que os nossos e deles desceram mil e quinhentos homens armados cujas armas cuspiam fogo e foram fazendo cadáveres aos montões. Eram homens muito brancos e altos, um deles usava uma roupa comprida até aos pés que dirigiu um ritual aos deuses. Diziam-se donos das nossas terras. Apelidaram-nos de índios. Começaram a cortar as nossas árvores e levavam-nas em seus barcos. Mas isso não continuou por muito tempo, desde que essa gente chegou aqui, as coisas não param de mudar. Depois de muito tempo começou aparecer muita gente negra também. E dos nativos os que não morriam matados por eles ou das doenças que eles traziam com eles fugiam para os lugares mais distantes do mar para se salvarem. Apesar disso certo tempo depois eles também começaram a subir até as nascentes dos rios a procura de nossas pedras preciosas. Sempre ganhando as guerras eles foram aumentando e os nativos diminuindo. Quando a gente pensa que aprendeu com eles vem outra geração mais astuta e muda tudo outra vez. DD o senhor tem alguma filosofia? O hóspede responde: sim, posso contá-la em versos:

I

Chegaram os gringos Gritando alto e falando palavrão,

Chutaram a porta da venda Arrebentaram o balcão,

Jogaram a balança filizola no chão,

E saíram em algazarra Levando um punhado de papel na mão.

II

Chegou tarde demais Quem veio para matar o bicho...

E até a caixa registradora Eles jogaram no lixo.

Derrubaram as prateleiras Acabou-se o bolicho

E do mercado de ações Eles fizeram o seu nicho.

III

Longe vai o tempo de nossos carros de bois, Nossas charretes, carroças ou carroções. E os cavalos de cela que para conduzi-los Não precisava botões. Hoje estão esquecidos rotos empoeirados Dando lugar aos possantes carrões.

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Fev18

5ª Narrativa

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Fogo na derrubada

Uma atitude que foi sem dúvida um testemunho do progresso de Cristinópolis foi o preparativo das terras para cultura que os proprietários faziam a cada ano derrubando matas e queimando-as. Num período aproximadamente de cinco ou seis anos da abertura de Cristinópolis essa atividade foi muito intensa. No período das secas, estio ou verão para alguns, o céu cobria-se de fumaça e, olhando ao longe se via os focos de incêndio, era o camponês preparando as terras para suas lavouras. Essa narrativa também ilustra essas quatro casas pioneiras: a casa do Zé de Morais (Zé de Modo), a casa do Zé Filipe, a casa do Zé Laurindo e a casa do Benvindo. Foi num domingo da primeira quinzena de outubro de um mil e novecentos e sessenta e sete o dia exato eu não me lembro, mas foi em outubro. O meu pai (Augusto) já estava com a roçada pronta só esperando um dia favorável para queimá-la. Deveria ser antes que começasse a chuvarada, pois Cristinópolis era sertão e nas florestas chove muito. O pai terminou a derrubada em fins de agosto, mas por motivo de segurança e para aproveitar bem o serviço da queimada estava então esperando um dia bem apropriado. Os aceres estavam prontos, os vizinhos já estavam conscientes que, por sinal, o Nestor também tinha uma roçada para ser queimada no mesmo dia já que era vizinha da nossa. Enquanto isso se ia fazendo outros serviços esporádicos. O Amaro engenheiro já havia feito o levantamento dos lotes, nós já tínhamos feita a casa provisória de pau-a-pique coberta de sapé. A mina de onde tirávamos água para a despesa da casa já estava prontinha dando água. Eram onze horas mais ou menos, quando não, meu pai olhou para o lado da estrada que passava na cabeceira do sítio e exclamou desanimado: Olha lá um fogo, e é na derrubada! Neste instante todo mundo já mudou de atitude; uns foram verificar os aceres, outros foram ajudar a mãe jogar água em cima da casa para defender a cobertura da casa que era de sapé e os vizinhos ao ver a fumaça subindo em razão da voracidade do fogo também já sabiam o quê fazer. Meu pai como velho guerreiro também conhecia alguns truques e então correu em volta da derrubada pondo fogo de encontro para amenizar o calor e abrandar as violentas chamas. Enquanto isso a garotada se divertia com o espetáculo que o fogo produzia: Bichos saíam correndo desesperados sem rumo para se salvarem e, os gaviões faziam festa apanhando insetos que subiam na fumaça, em poucos minutos o céu cobriu-se de fumaça. Mas o perigo felizmente durou pouco, o fogo de defesa combateu eficazmente evitando assim um desastre ecológico. O vento lhe era favorável e ele então rompeu a derrubada e o fogo vilão foi debelado com sua fúria. E o resultado foi carvão e cinza e brasas durante o resto da tarde. À noite parecia uma cidade iluminada, era tanto toco que continuou queimando que parecia não acabar mais. Até hoje ninguém sabe a origem daquele fogo, mas, interessante foi a impressão que ele causou; ainda ouço os estouros das taquaras ardendo nas chamas e até parece que vejo os gaviões planando no céu em busca de um bichinho.

12
Fev18

4ª Narrativa

EU MESMO Quero Ler

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A mocidade de Cristinópolis

La no céu tem uma constelação de sete estrelas que cintilam sem parar. É uma constelação muito bonita por isso ela foi escolhida para compor esta narrativa. Em certa época do ano ela some e depois volta em outro rumo. Isso representa a mocidade que também passa e depois vem outra e faz a vez. Ela também ilustra estas quatro famílias pioneiras: a família do Ernesto Arruda, a família do José Filipe, a família do Lazinho e a família do Chico Perigo. A mocidade mais feliz e mais gloriosa foi sem dúvida a mocidade de Cristinópolis. A primeira mocidade de Cristinópolis, a mais ditosa! A que se formou nos primeiros anos da existência de Cristinópolis até os anos de 1966 e 1967. Enquanto os pais, nossos heróis desbravavam o sertão de Cristinópolis a juventude corroborava com eles nas tarefas que lhe cabia. Agora sendo lembrada você se sente feliz cinqüenta anos depois? Começando pelos mais velhos recordamos moços e moças meninos e meninas e um recém-nascido. Se eu esquecer alguém me perdoe. O Otávio é sem dúvida o primeiro a ser lembrado, pois representava a família anfitriã. O Zezé Oliveira era muito querido da classe estudantil, e de todos. O Narciso, o Alcidinho, o Zé Mineiro, o Emiliano e seus irmãos. O Nelson Bacana e o Dé seu irmão marcavam presença. O Antônio Preto e a Maura sua irmã eram pretos por fora, por dentro simpatia. Eles tinham um irmão menor, o Francisco. O Jorge e a Mariquinha já estavam noivos, o Otávio e a Loiça também. O Miltinho e a Maroca casaram naquele tempo. As infantes Eunice e Augusta eram queridas da Mocidade, o Cridi, o Dair e o Dena eram muito pequenos. O Nonô e o Eucristo eram amigos inseparáveis. O Cabeção também estava lá. O Genésio morava lá em cima, mas vinha para a Avenida Tavares para estar com a mocidade. O Alvino, o João e o Raul já moravam aí mesmo na avenida. O Augusto e a Augusta eram gêmeos. O Benvindo era muito pequeno, e a Glória? Os irmãos Matias, Raimundo, Zezito e o Deda eram mui queridos, eles tinham uma irmãzinha pequena. A Nazaré, a Fátima e a Valmira também morava na parte de cima da vila. A Zulmira marcava presença com seu vestido vermelho de bolinhas. Os evangélicos eram mais discretos, mas lá entre eles era só alegria. O Adão e a Eva não faltavam nos cultos. O Amós o Edson e o Zaqueu lá da chácara ao lado da vila e suas irmãs Cleuza e Marta (Martinha). O Silas e o Elizeu eram dois irmãos. O Toninho, o Arlindo, o Davi e o Elizeu eram irmãos da Mariquinha. A Cleuza também tinha muitas amiguinhas. O Antônio também marcava presença; a Carmosa e o Isaías eram crianças felizes.O Lino e o Zezinho tambem eram irmãos. O Tico e o Celso também estavam lá. A Lindaura e a Cleuza que cantavam as quadrinhas com sua irmãzinha menor, e o irmão delas como se chamava? O Noé também já morava na avenida. O Antônio Lourenço e o Zeza aos domingos não faltavam na presença. O Lindolfo, o Aparecido e o Tião vinham lá do sitio com sua irmã, a Natalina passar o domingo na vila. O Zé do Vital e o Manoel também marcavam presença. A Iraci também vinha do sitio animar o domingo, na companhia de seus irmãos. Os irmãos Arruda vinham da goiabeira passear na vila. O Joaquim Oliveira também não pode ficar esquecido. O infante Olavo que chegava montado em sua bicicleta e saudava com um: hariquem? A Alice e a Cida também tinham muitos amigos e amigas, a Neusa também era uma criança feliz. O Elias Tavares era filho único. O Elias e o Tiago seu irmão saíam pelos pastos caçando de estilingue. O Gonçalo também ainda era jovem naquele tempo. Os irmãos Marcianos eram três. O Jair era filho adotivo assim como o Ismael, também eram pretos, mas só na cor da pele. A Ana, branca como a neve era o orgulho dos pais. O Zezinho também não faltava na vila. O Nico também tinha boas amizades na vila. A Cidinha e a Alzira tinham muitos amigos. O Antônio Pacheco morava com os primos Eurípedes e Eurides, o Manoel era muito novinho. O Osvaldo o Cido e o Aldo também moravam na vila.A Maria tambem tinha boas amizades.Queres saber quem escreve? Pergunte ao meu xará da bicicleta! A Irene também era uma criança feliz. A Cleiva também era ainda uma bebezinha. O Santo e o Jóra moravam na rua das paineiras. A Maria do Céu também era criança feliz. O Raulino também era ainda solteiro nesse tempo. O João Gago, o Valdão, o Eurípedes o Nivaldo e a Creidinha eram tudo amigos. O Mário, o Zé, o Cido e a Cida e o Daniel também vinham do sitio assistir aos cultos no domingo. O Zé Brandão também era dos mais velhos. O Derci também era querido da mocidade e era intelectual, fazia peças de arte em madeira. E há quem diz que o Amarildo foi o primeiro bebê que nasceu em Cristinópolis. Muitos daqueles jovens já repousam no andar de cima. Mas a maioria deles está aí contemplando as virtudes da boa idade.

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Fev18

3ª Narrativa

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O progresso

Os negócios em Cristinópolis floresceram muito cedo com a chegada dos mais diversos tipos de comerciantes que se instalavam nos seus pontos na Avenida Tavares e na rua das paineiras e ficavam ricos de um ano para o outro, essas duas avenidas faziam o eixo comercial de Cristinópolis. A parte de cima da vila foi usada mais como bairro residencial e la também foi construído o grupo escolar e o campo de futebol foi mudado para lá. Também aqui nesta narrativa vamos recordar mais quatro famílias pioneiras, a saber: a família Francisco Amâncio a família do Tomaz, a família da Dona Augusta e a família da Dona Candinha. Faz também homenagem aos eventos matrimoniais que também representa a coragem e determinação na vida das pessoas, quando no casamento da Maroca o João Serafim falou com o padre e o casamento foi realizado em Cáceres. Roupas, medicamentos, material escolar, material de construção e toda sorte de armarinhos e secos & molhados que vinham do estado de São Paulo através dos marreteiros. Lá o povo tinha o hábito de comer sardinhas e manjubinhas que vinham nas caixas de madeira de 10 quilos. Lojas famosas como A REGIONAL do Adelino que vendia tecidos e confecções. A boa peça de tergal se comprava la nessa loja além das camisas volta ao mundo. A farmácia do Joaquim Oveiro estava instalada na Avenida Tavares e alguns anos depois ela foi mudada para a avenida das paineiras. O Otávio era o atendente, era só chegar com a receita que ele aviava os medicamentos com precisão e segurança. A farmácia também continha aquelas vitaminas em grânulos que eram verdadeiras panacéias. O Albino foi o primeiro a montar uma loja de roupas em Cristinópolis. No bazar boa sorte não faltava novidades. Os açougues, as padarias, sorveterias e bares estavam sempre entupidos de clientela que se acotovelava na Avenida Tavares e seu contorno. Cada qual querendo ser atendido tão logo fosse sua vez. Tinha até serviço de alto-falante para anunciar as novidades: “Gente educada não paga, mas também não leva!” E tinha a radio nacional de Cristinópolis que funcionava em caráter experimental. O Jerônimo Machado fazia doces para vender no comercio. O Joel tinha sua própria marcenaria. Outros traziam coisas do sítio para passar nos cobres. As sorveterias tinham motores geradores de energia já que neste quesito a cidade ainda não havia sido contemplada. Era um imenso prazer saborear um suco geladinho na sorveteria do Angelim. O Raimundo vendia tanto que ele até chegava ficar sem palitos para fazer picolé. O capixaba também não vencia atender a freguesia. As padarias abasteciam o comercio de Cristinópolis e São Jorge e até mesmo Nova Lucélia. O João Lambreta trabalhava dia e noite com seu pai e seu irmão para não deixar faltar pão aos fregueses. Em época de colheita de arroz o movimento na cidade era dia e noite. Caminhões vinham de todas as regiões carregados de arroz dos sítios. As máquinas trabalhavam sem parar beneficiando arroz, os compradores levavam o arroz limpo para são Paulo. O Angelim tinha dois caminhões e uma máquina de arroz, o Pedrão tinha dois caminhões e um armazem de secos e molhados, as máquinas do Nelsinho, dos Magosso, do Marinho e a do Alfredo limpavam arroz por partida. Todos os dias saíam dezenas de caminhões de arroz para são Paulo. O Álvaro e o Tonhão eram uma verdadeira potência, tinham caminhões e máquina e muita gente a seu serviço. As máquinas do Scutt, a do Nelsão Bacana e a do Nelsinho eram as que trocavam arroz para os moradores da roça. Os caminhões do Praxedes, do Valtrudes, do Mané Bispo, do Nozinho e do Chico Mota faziam frete. O símbolo do poder era os caminhões Mercedes Benz modelos: 1111 e 1113.

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MB 1111.jpg Essa imagem é apenas ilustrativa

O povo da cidade já comprava o arroz beneficiado. O Pelego, o Fuminho, o Pau-de-arara e muitos outros ganhavam a vida no serviço de chapa. Na década de 1970 foi construída a hidrelétrica de Cristinópolis, que gerava os kWs necessários para o progresso da cidade, o Arlindo era técnico que dava manutenção na rede. Os fazendeiros também já possuíam caminhões e trilhadeiras. Já mecanizavam as terras com tratores. Se as lavouras necessitavam de força animal o Edgar tropeiro esteve lá vendendo centenas de cavalos e burros. Os maiores armazéns eram o do Isaías Loura de Amorim, o do Barreto, o do Pedrão e o do Braz. Também tinha lá a venda do Gumercindo que era um ponto de referencia para quem vinha da roça a passar algumas horas na vila. O Gumercindo, o João Lima e o Raulino cresceram lá. Não esquecendo que o bar esporte era um dos locais onde os profissionais do futebol se reuniam para as conversas de bastidores e as comemorações. O Marão, o Goda e o Coríntio eram dirigentes do futebol de Cristinópolis. O bar do Narciso foi o primeiro a oferecer mesas de bilhares para o lazer da população. O Jorge também se consolidou como potente açougueiro construiu prédio azulejado para o açougue, comprou chácara e tinha muito gado. O hotel do Zueira estava sempre cheio de hóspedes. A empresa São Cristovam fazia a linha Cristinópolis-Cáceres. Se alguém precisasse de um transporte alternativo tinha o fusca do Ditão, a perua rural do Manoel boa sorte e as Kombi do Gumercindo e a do Djórgenes que serviam como carros de praça. O Adelino da bicicletaria consertava bicicletas e vendia peças. As cidades vizinhas vinham vender no comercio de Cristinópolis. Parques de diversões e circos também não faltavam lá. Até o homem da cobra visitava Cristinópolis para vender seus remédios. O Taru também vendia lá seus remédios de alta qualidade.

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Fev18

2ª Narrativa

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 A distribuição das terras

Essa narrativa é de muita importância por ser a que fala da distribuição das terras, assentamento das famílias bem como do inicio das igrejas e o prestigio dos personagens. Também aqui falamos de mais quatro famílias pioneiras que são elas: As famílias do Angelim, do Chico Mota, Luiz Magosso, e Pedrão. Com teodolito aos ombros facão na cinta e moringa d’água nas mãos vai o Amaro engenheiro e sua equipe mata adentro fazendo picadas e demarcando as terras bem como o loteamento da cidade com o devido levantamento das datas, ruas e quarteirões. Assim quem chegou primeiro teve o privilegio de escolher as chácaras mais perto do núcleo da cidade. O Luiz Matias pegou uma área de um alqueire de terra do lado debaixo da vila e o sitio á dois quilômetros de distancia, o Vidal seu parente pegou a dele lá em cima do outro lado do patrimônio. O Baixinho pegou a chácara dele lá perto do Vidal. As terras do Pedrão eram na saída para o Panorama. O Chico Mota pegou a chácara dele na saída para Panorama e o sitio de trinta alqueires ao lado do Oliveira na nascente do córrego da alegria, o Lourenço escolheu o sítio dele bem pertinho da vila na beira do corgão, ótima localização para quem tinha cães de caça. Para o João Mineiro, o Aragão e o Catarussi a sorte caiu-lhes á beira do rio vermelho. As terras do Melquíades era lá no delta do rio tucanguira. A chácara e o sitio do Zé Laurindo eram ali mesmo pertinho da vila. Os Bortolossi pegaram um sítio perto da vila e uma área da boa terra do arroz às margens do rio vermelho. O Lúcio Fiorili e o Joaquim Martins de Souza também escolheram seus lotes aí mesmo perto da vila. Os 100 alqueires do José Filipe também era perto da vila. Para o Nego Amâncio saiu um sitião de 50 alqueires também lá no tucanguira além da chácara na vila em frente o campo de futebol. O Nego Zeferino comprou um lote de quarenta alqueires de terra no córrego da alegria. As terras do Marciano também eram logo ali além do corgão ao lado do Misael. As terras do Marinho eram ali perto do Marciano onde mais tarde nasceria a cidade de São Jorge. La nesse rio tucanguira tem uma cachoeira encantada que de vez em quando ela emite um som estridente que é ouvido a léguas de distancia, existem lá muitas cachoeiras, mas só esta é assim. Para o Tomás a sorte caiu-lhe lá no espigão nos confins da gleba boa vontade. O Monzar também tinha suas terras além do tucanguira. Os bons agricultores já diziam em rodas de amigos que a terra se conhecia pelas árvores. A selva de Cristinópolis era composta de muitas garapeiras, jatobás, angicos,perobas, pau d’alho, coqueiros e taquaras, e tinha muitas paineiras, além de belas palmeiras.

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GARAPEIRA

(foto apenas ilustrativa)

Também lá existiu a ipecacunha (poalha) e as enormes figueiras. Ainda falando dos arbustos tinha também a temida urtiga de ramagem e de cipó, e o assa-peixe. Neste mesmo tempo eles marcaram o lugar para construir a igreja católica, e a casa do Zé Filipe escolheu o lugar para a assembléia de Deus e os Morais cuidaram da congregação. Além desses latifundiários existiu também uma enorme quantidade de sítios espalhados por toda a extensão da gleba. Terra em que se plantando tudo dava. Nem só de piquetes e balizas fez-se a memória da fundação de Cristinópolis, na fachada da casa do Zé Laurindo ficou exposto um casco de tatu canastra por muitos anos. O Osvaldinho tinha o mapa da vila para quem quisesse localizar ou mesmo comprar ou vender algum terreno. Lenda do tucanguira La em Cristinópolis de tempo em tempo houve se um barulho como de cachoeira que ninguém sabe de onde vem. Diz à lenda que num tempo muito antigo, ainda antes da fundação de Cristinópolis. Os poalheiros armavam acampamento à beira dos córregos e riachos. Num certo dia eles saíram para pescar nas águas do riacho goiabeira, e, eis que surgiu um monstro que devorou os peixes deste riacho. Os poalheiros então procuravam peixes nos outros córregos da região e não achavam. Então eles foram pescar no córgão e eis que o monstro já havia devorado os peixes do córgão também. Eles foram pescar no córrego da alegria, mas, assim como no córrego do escondido e no córrego da anta também não havia peixes, pois o monstro já havia devorado todos. Eles então foram pescar no tucanguira e o dia já ia declinando e, neste momento levantou um temporal e houve uma grande chuva que transbordava o tucanguira em todas as suas ribanceiras. As cachoeiras produziam um estrondo tão assustador que afugentou o famigerado monstro e os peixes do tucanguira ele não pode devorar. Até hoje a mãe d’água duas ou três vezes por dia agita as águas do ribeirão tucanguira a fim de enxotar o monstro e preservar os peixes. Talvez seja por isso que os córregos de Cristinópolis não têm peixes.

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Fev18

1ª Narrativa

EU MESMO Quero Ler

A fundação de Cristinópolis

Longe vai o tempo em que a gente olhando a noite via os campos do outro lado do rio vermelho ardendo em chamas: era a civilização Cristianopolitana que surgia nas florestas desse imenso Brasil em meados do século XX. Mais precisamente no ano de mil novecentos e sessenta e três chega à primeira expedição com a bandeira Joaquim Oveiro para desbravar e colonizar a gleba boa vontade do senhor Flávio. A civilização Cristinopolitana com sede em Cristinópolis e duas cidades satélites que são, ou melhor, eram elas “São Jorge e Nova Lucélia”. Nesta narrativa fazemos menção de algumas das tantas famílias pioneiras que formavam o embrião de Cristinópolis que são elas: a casa patriarcal do Joaquim Oveiro que é o primeiro por ser o fundador da cidade e corretor das terras. A casa patriarcal do Luiz Matias, um cearense de fortaleza simpático e acolhedor que recebia de braços abertos os novatos que chegavam nos caminhões de mudança.A casa patriarcal do Vidal e a casa patriarcal do Valdemar cearense. Houve muitas famílias que faziam parte na casa de um patriarca. Foi as primeiras famílias a se mudarem para o sertão de Cristinópolis o Luiz Matias, o Chico Mota, o Zé Laurindo, o Valdemar cearense, o Angelim, o Messias, o Misael, o Valdemar Filipe, o Luiz Magosso (baixinho), o Pedrão, o Oliveira, o Zé de Modo, o Teixeira, o Zé Tavares, o Pedro Torres, o Zé Filipe, o Manuel Bispo, o José Filipe, o Plínio Bortolossi, o Quinzinho, o Nego Amâncio, o Oscar, o Pedro Bandeira, o Geraldo Amâncio, o Manuel Barreira, o Antônio Marciano, o Marinho, o Antônio Pereira, o Zé Aurélio, o Aragão, o Petita, o Benvindo, o Lourenço, o Zé Abrão, o João Mineiro todos estes adquiriram terras para formar lavouras e pastagens no novo mundo. Com eles vieram também pessoas e famílias inteiras para prestar serviços no campo e no comercio. O Alcidinho, que também foi professor, o Amaro engenheiro foi o agrimensor, e mais tarde foi delegado, o primeiro delegado de Cristinópolis. O Alcides, o Antônio Preto, o Francisco, o Emídio, O Joel, o Otaviano, os filhos da dona Candinha, o João Marques, o Lazinho, o João Filipe, o Jair era criado do Valdemar Filipe, O Mário, o Diná, o Fernando, o Zé Cristovam, O Raulino, o Gileno, o Zé Dutra, o Ageu, o Pedro Marques, o Arnaldo, o seo Davi,o Gelson, o Arlindo, o João Cotia, o Osvaldinho, o Francisco Amâncio, o Mário da venda. Construíam casas de adobe e cobriam com tabuinhas ou sapé até que a estrada chegasse e com ela vieram os materiais de construção. Todos esses prestavam serviços ou arrendavam terras para trabalhar enquanto os que eram proprietários desbravavam o sertão para formar suas terras sem ao menos saber que vivia num mundo encantado fazendo parte de uma epopéia cujas aventuras seriam contadas meio século depois.

Dados gerais de Cristinópolis em 1975

Área territorial:

 

  • 96,8 km²
  • População: de 1.000 a 1.500 habitantes
  • Distância até: Cáceres: 124 km, Cuiabá: 340 km
  • Língua: português (formulário ortográfico de 1943)
  • Religião: cristianismo com católicos e protestantes
  • Gentílico: cristinopolense, cristinopolitanos
  • Moeda: cruzeiro Cr $ obs.: usava se o cifrão com dois traços verticais
  • Sistemas de peso e medida:
  • Volume_alqueire de 40 litros
  • Agrária_alqueire de 24.200m²
  • Peso_arrouba de 15 quilos
  • Principal Atividade: agricultura de subsistência
  • Indústrias: marcenarias, padarias, sorveterias, máquinas de arroz
  • Artesanal: queijos, doces, fumo, farinha de mandioca, moinhos de fubá.

    MIL CRUZEIROS

    MIL CRUZEIROS Cédula de mil cruzeiros que circulou em Cristinópolis mt
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Fev18

INTRODUÇÃO

EU MESMO Quero Ler

Longe vai o tempo em que a gente olhando à noite via os campos do outro lado do rio vermelho ardendo em chamas; era a civilização Cristianópolitana que surgia nas florestas deste imenso brasil nos idos da década de 1960. Mais precisamente no ano de 1963 chega a primeira expedição com a bandeira Joaquim Oveiro para desbravar e colonizar a gleba boa vontade do sr: Flávio. O sr: Euclides Zeferino da Silva,conhecido como seo Nêgo da máquina comprou uma área de quarenta alqueires de terra no córrego da alegria, mas, resolveu não vir para mato grosso então ele pôs à venda e meu pai comprou dele dez alqueires, o Nextor Figueiredo também comprou dez alqueires e o Vital dos Santos também comprou dez alqueires.

Era quatro de agosto de 1966 entre dez e onze horas da manhã o Leopoldo parou o caminhão,um Mercedes bens LP 321 da gabina bege e carroceria branca e disse para meu pai: onde vamos descarregar a mudança? chegamos! Bem, a nossa história particular por enquanto fica por aqui, o sujeito da narrativa é Cristinópolis, ou, Cristianópolis como queiram que fale. Neste tempo o núcleo da cidade já estava demarcado e formado,já tinha ruas abertas,já havia os primeiros moradores, já tinha alguns bolichos, o Raulino estava numa esquina e o Gileno na outra em frente. O Jorge era o primeiro açougueiro,o Joel não tinha uma marcenaria bem montada mas se fosse para fazer algum pequeno móvel ou qualquer artefato de madeira ele prestava esses serviços,o Zé Dutra era o mecânico da cidade e nos bons tempos do verão caminhões de mudanças chegavam todos os dias trazendo gente de são paulo, minas gerais e também do espírito santo e grande era a euforia dos que lá já estavam havia mais tempo. Como grande povoação que se expande em todos os seus contornos Cristianópolis tinha, pode se dizer, nove regiões distintas alem da zona urbana que eram elas: 1ª)O córrego da goiabeira onde concentravam os capixabas ou, mineiros de Mantena como alguns diziam; gente de grande prestígio, varões de fama. 2ª) O córrego grande (córgão)onde moravam os irmãos Abrão. 3ª) O córrego da alegria onde concentrava a família Morais e lá também estava o nosso sítio. 4ª) O córrego do escondido nos confins da gleba boa vontade, este era um dos lugares mais distantes da vila. 5ª) A fazenda do Pedrão no córrego seco, ali também estava a fazenda do João Mineiro. 6ª) A estrada do Angelim onde também morava o sr: Manuel Bispo e família. 7ª) A região do rio vermelho onde estava as terras do Melquíades. 8ª) O córrego da jacutinga já nos confins da gleba do lado do levante. 9ª) E a maior e mais povoada região era o ribeirão tucanguira,neste ribeirão tucanguira tem uma cachoeira que em certos tempos ela emite um som estridente que é houvido à léguas de distância. Aí nessa região do tucanguira que já se mostrava gigante pela própria natureza o sr: Marinho fundou uma cidade em 1969 por nome de São Jorge, como se fosse uma extensão da metrópole Cristinópolis. Em meio a essa multidão de aventureiros que adentrava o sertão de mato grosso em busca do ELDORADO vieram também alguns mais abastados que trouxeram alguns recursos como caminhões, máquina de arroz, carrinhos de roda dura etc. O Pedrão trouxe um caminhão e tinha um armazém,o Angelim trouxe um caminhão, o Justino que era conhecido como Nêgo Amâncio trouxe um caminhão e uma máquina de arroz, logo depois o João Mineiro comprou um jipe, o Amaro engenheiro também comprou um jipe velho para trabalhar na topografia e fazer algum frete. Na lataria do jipe estava escrito estes dizeres: (capota véia é a tua avó). Os intelectuais Zezé Oliveira e o Alcides, o (Alcidinho)foram os primeiros professores do sertão de Cristianópolis. A dª. Aurelina e a dª. Augusta eram quem assistiam as mães na hora de dar à luz. No verão de 67 foram feitos alguns mutirões para consertar a estrada que dava acesso à cidade de panorama. O Otávio,filho mais velho do Joaquim Oveiro, como príncipe herdeiro não trabalhava, ele ficava só de boa em cima do caminhão,uma vez ou outra ele entoava essa melodia: manhêêêh, o Tonico me bateu, roubou meu saco de pipoca o pirulito e o picolé!;

 foi ele quem tirou as fotos da nossa mudança na hora em que chegamos. Com a estrada em boas condições então chegavam os marreteiros com mercadorias para vender ou trocar por arroz em casca. Entre eles estavam o Chazinho de Urânia que tinha um chévi da gabina roxa, o Toninho Munhoz de Jales, ele tinha um Mercedes 1111, o Isaías Loura de Amorim de Votuporanga, este foi quem pôs o primeiro grande armazém em Cristianópolis, a CASA NOVA,cujo gerente era o Mário, no dia da inauguração ele vendeu R$ 1.000.000,00 (hum milhão de cruzeiros). Passaram se alguns anos entramos na década de setenta e o temido ano setenta chegou; ainda na década de sessenta os mais velhos diziam assim: quem passar do setenta terá muito o que contar, e para Cristinópolis veio o progresso em todas as suas dimensões. O centro financeiro de Cristianópolis já estava formado, na avenida Tavares e adjacências já existia lojas de roupa, o sr: Albino foi quem trouxe a primeira lojinha de roupas para Cristinópolis,padarias, bazares, eu comprei um almanaque do pensamento ano 69 no bazar BOA SORTE do Manuel Pernambuco, tinha sorveterias e as lojas de roupas e confecções aumentaram, para comprar roupas já não precisava mais de ir à Cáceres,no ano de 68 o Chico Mota foi em Cáceres mais a esposa, dª.Doralice e compraram R$ 600.000,00 em roupas. O Narciso trouxe as primeiras mesas de bilhares,o Marcelino também tinha um pequeno açougue na esquina da avenida Tavares com a avenida Brasil,máquinas de arroz eram sete. A rodovia chegou no ano 1970, no mês de outubro eu me lembro muito bem. O Juvenal era conhecido do meu pai desde os tempos de Tanabi,ele trouxe uma farmácia bem montada,tinha até leito para alguns casos mais graves,e, também o Zé dentista já estava lá prestando seus serviços à população. Para os que ganhavam a vida a jornal agora já havia muita procura de gente para trabalhar nas construções e o tempo da poalha foi ficando para traz, quem chegou a fazer comida com óleo de coco babaçu agora tinha muita fartura. Cristianópolis foi abrigo de grandes figuras populares,;quem não se lembra do astrólogo,médium e poliglota Mané da Lua? enquanto russos e americanos disputavam a corrida espacial ele encantava todo mundo narrando suas missões bem sucedidas na lua,-sim ele ia na lua!. Por lá também passaram grandes astros da música sertaneja tais como: Jangada e Remador,Tom e Taguari, Joãozinho e Zezinho assim como Railto e Rialto que se apresentavam nos salões e nos parques de diversões. No estilo nordestino tinha o Pau-de-arara que entoava seus baiões no violão e também fazia algumas mágicas como se fosse um ilusionista profissional. Os bons sanfoneiros eram o Gumercindo e o João seu irmão,o Jessiel,o Dominguinho e o Jerônimo. O Pedro Nicolau era um bom violeiro e ainda falando do Pau-de-arara ele também executava muito bem um cavaquinho. O Edgar volta e meia instalava lá seu parque de diversões que foi na verdade o maior palco das apresentações artísticas em Cristianópolis. O Roberto ensaiava um movimento juvenil para animar a juventude de Cristianópolis em que ele apresentava algumas canções e até mesmo alguma atividade esportiva,ouça este refrão:(mocidadeeh, teu nome é valorh). Mas Cristianópolis não viveu só de palcos e fanfarras lá também teve bons cientistas, os irmãos Arruda (Pedro e Eli) chegaram a montar uma emissora de rádio (pirata)a rádio nacional de Cristianópolis que por sinal foi sintonizada até no Salto do Céu. O Aparecido Scott era engenheiro agrônomo e depois ele comprou e restaurou a máquina de arroz da família Nêgo Amâncio(lamentamos a morte prematura do Nêgo Amâncio que foi acometido por uma ferida na perna e não teve cura) O Eldo também estudou e se formou radiotécnico pelo Instituto Universal Brasileiro, lá ninguém ficava sem um(caixão de abelhas)pra fazer barulho em casa.

E assim se via estampada em cada rosto a euforia de um povo bravo e corajoso que heroicamente galgava as barreiras do sertão vencendo dificuldades e superando crises das mais diversas na esperança de um amanhã melhor. Uma civilização cheia de vigor que mais tarde atravessou o rio vermelho e fundou mais uma cidade: a Nova Lucélia cuja fundadora foi a Dª Aurelina. E continuaram rumo ao norte e chegaram até ao rio sepotuba. Cristinópolis atingiu seu apogeu na primeira metade dos anos setenta do século XX; surgiram as duas igrejas evangélicas e a católica,os capixabas tomaram frente e construíram a usina hidrelétrica no córgão. Neste tempo o grupo escolar estava em funcionamento e o mobral também já tinha chegado lá. O Alfredo Parvinha formava mudas de café e o Tatito montou uma marcenaria bem equipada e tinha uma C14. Alguns fazendeiros já tinham tratores e outros possuíam trilhadeiras de arroz para servir nas colheitas. O Joaquim Oveiro chegou a ser vereador por Cristianópolis. Lá também residiu grandes mestres de obra, o sr: José Filipe, o sr: Manuel Salmeirão, o sr: Orlando Esperandio e o mais conhecido deles o sr: Nito que se deslocava em sua Motinha Honda de 50 cilindradas. Quanto aos costumes daquela época já que não se tinha opção de lazer a criançada brincava de roda nas noites de luar. O sr: Lazinho tinha três filhas pequenas que cantavam essa modinha: lá vem a chuva, toda molhada;vem cá meu bem,toda molhada;me da cá teu chapéu, toda molhada, uma tirava o verso as outras cantavam o refrão. Nos finais de semana todo mundo se ajuntava lá na casa do Pedrão onde se fazia quermesse para a igreja católica, começava se a festa com o leilão e depois seguia algumas horas de danças em bailes tocados a sanfona e violão. No começo do ano 1967 os capixabas fizeram la uma apresentação do (bumba-meu-boi). Mas como toda nação tem em meio a suas glórias algum momento triste Cristianópolis não foi diferente, chegou a notícia da morte de seu fundador o Joaquim Oveiro. O fim da era Joaquim Oveiro marcou também o início da decadência de Cristianópolis,as famílias mais pobres foram se evadindo sutilmente em busca de lugares que oferecia melhores oportunidades. Os pequenos proprietários foram vendendo suas terras e se mudando também. Uns procuravam novos sertões, outros voltavam para são paulo ou iam para outros estados. E, assim,pouco a pouco como numa diáspora interminável aquele povo que outrora foi ditoso e hospitaleiro vai um após outro deixando nua e desolada a solitária Cristianópolis. Quem porventura passar por lá por acaso ou sem rumo a vaguear certamente comovido há de murmurar sentindo as dores da ingratidão. Mas Cristianópolis ainda tem lá uns remanescentes, uns poucos que ainda ficaram na esperança de que um dia ainda verão seus sonhos realizados. Pode ser que la um dia um novo tempo surgirá em que as gentes buscarão em Cristianópolis o conforto que desejam.

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